mercoledì 19 gennaio 2011

E' possibile assuefarsi alla guerra?

Lidia Menapace
Berlusconi si mostra sicuro di sè e ostenta una faccia composta a sentimenti forti, ma come stampata o da maschera. Credo che di campicchiare con proprio personale vantaggio abbia la possibilità, ma con grave danno della politica: quindi il compito di buttarlo via con uno schieramento il più ampio possibile e un mutamento della legge elettorale resta, ed è sempre più impellente.
Le ragioni fondamentali sono i rischi di guerra, il precariato del futuro, il proposto mutamento delle relazioni industriali o - se vogliamo essere meno soavi - della lotta di classe, nonchè le più che incerte prospettive della laicità dello stato: non si tratta nemmeno di un programma "comunista", diciamo piuttosto di un programma pienamente e assolutamente costituzionale, e quindi non dovrebbe essere impossibile trovare una maggioranza per avviarlo.
Ma soprattutto a sinistra l'atteggiamento è incerto: se consideriamo progressista -almeno nelle intenzioni - il Pd, è debole, molto debole nella lotta di classe, nel sostegno alla laicità, e sordo persino ai clamori di guerra.
E non potrà coprire a lungo tutto con le primarie, modesto tentativo di nascondere altre vergogne e rimedio peggiore del male perchè, dove serve soprattutto costruire soggetti politici tenuti insieme da precise formazioni di coscienza, accetta dalla destra una propensione al laederismo che una volta si sarebbe chiamato "culto della personalità" e a un linguaggio affabulatorio che è l'anticamera della mistificazione.
Vorrei fermarmi sulla laicità dello stato e della politica, questione tradizionalmente sottovalutata proprio dalla sinistra comunista fino dalla Costituente. E' chiaro invece che il Vaticano e la sua longa manus italica, la Cei, non molla affatto ed è più che evidente che la destra berlusconiana è disposta a usare addirittura con bassezza tutti gli strumenti del clericalismo più becero, se Gasparri usa l'appellativo di "ateo" per attaccare Fini e distogliere da lui un possibile voto cattolico. Sulla confusione della Lega è solo il caso di dire che ci si aspetta che ogni tanto Bossi faccia una specie di ruggito per rientrare subito nei ranghi, a parte la gaffe di protestare per le microspie in casa, avendo come ministro degli Interni Maroni. Siamo ormai abibuati a tutto, anzi assuefatti.
Possibile che ci stiamo assuefacendo pure alla guerra? Gli orrori di guerra sembravano quelli ai quali non ci saremmo assuefatti mai più, o per coscienza o per paura, cioè sia per motivi eticamente forti che per fragilità umana comprensibilissima; il rifuto della guerra sembrava infine essere diventato un razionale tabù, una profonda radice dell'umano, un atteggiamento da sostenere senza tema di smentite. Invece il Medioriente non si placa, Gaza muore davanti ai nostri occhi, l'Iraq non è tranquillo, in Egitto e altrove si risveglia l'orrore delle guerre di religione, in Corea si ricomincia. Insomma c'è da essere più che preoccupati, anche senza pensare ogni giorno all'Iran esplicitamente militarista e aggressivo e all'infinito Afghanistan, dove la nostra presenza è sempre più ambigua, anzi limpidamente bellicista persino contro le deboli speranze che aleggiano intorno ad Obama: se il governo italiano sceglie alleati negli Usa sono repubblicani o filoNato.
Ci si domanda se il movimento per la pace esista ancora e se sia in grado di emettere qualche suono intelleggibile, se significhi ancora qualcosa. Eppure il movimento nella scuola è contro la guerra, il movimento operaio e la Fiom non vedono certo nelle spese militari una possibiltà di futuro. Tutto ciò che ci pareva consolidato sembra invece squagliarsi come neve al sole o provocare crolli come passaggi fuori pista. Davvero ci manca un indirizzo, una bussola? Eppure si nota persino una sensibilità segreta ma non oscurata, delle speranze non vane: non per nulla addosso a noi e ad altre modeste ma limpide aree di coscienza politica si esercita la tenace opera di censura, cancellazione, deformazione.
So che sarebbe ragionevole dire basta, dichiarare che abbiamo fatto tutto il possibile e che non si può andare troppo contro forze economiche e culturali soverchianti: ma ciò che è ragionevole e di buonsenso non è quasi mai davvero razionale e critico. E se siamo razionalmente convinti/e che bisogna continuare in direzione ostinata e contraria, questo bisogna fare, non sconsideratamente, ma col massimo di precisione, tenacia, chiarezza. Non si può proprio mollare, non si possono nemmeno sprecare forze ad inveire, ogni parola respiro pensiero deve essere nell'ambito della ragione critica contro l'insensatezza della guerra. Non per nulla l'acronimo che la esprime è Mad, Mutual Assurance of Destruction, reciproca assicurazione di distruzione, follia, una parola che mette uno stop al pensiero, a tutto ciò che è umano, a tutto ciò che donne e uomini di questo tempo disseminati e collocate su tutto il pianeta desiderano vogliono e possono mostrare possibile, come diceva già il documento finale della quarta conferenza mondiale delle N.U., denominata Sguardo di donne sul mondo: le spese militari sono la principale causa di povertà nel mondo e in cambio non danno nemmeno sicurezza.

Liberazione 08/01/2011, pag 1 e 5

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