venerdì 28 gennaio 2011

Blair ora ammette: la nostra guerra era fuorilegge

L'ex premier a commissione di inchiesta
Francesca Marretta
Londra
«Le tue bugie hanno ucciso mio figlio», ha gridato ieri a Tony Blair, Rose Gentle, madre del fuciliere Gordon Gentle, morto a Bassora, in Iraq, a 19 anni, nel 2004. L'ex Premier britannico è apparso ieri, per la seconda volta, davanti alla commissione d'inchiesta sulla guerra in Iraq, guidata da Sir John Chilcot. Un anno fa la sua deposizione destò indignazione tra i parenti dei soldati morti presenti in aula. Senza mai voltarsi verso la platea, Blair disse di non avere rimorsi per la scelta di entrare in guerra. Ieri ha spiegato di essere stato frainteso. Ha espresso «profondo rimorso» per la perdita di vite umane tra soldati britannici e civili iracheni. «Troppo tardi» gli ha risposto ancora la madre del fuciliere Gentle. Dispiacere tardivo a parte, la musica della canzone di Blair sull'Iraq rimane la stessa. La guerra fu giusta e legittima. Blair ha insistito ancora sulla litanìa del pericolo terrorismo dopo l'11 settembre. Sui rischi da non assumersi in un momento in cui i terroristi avevano ucciso tremila persone, ma potendo ne avrebbero uccise volentieri trecentomila. Peccato solo che al-Qaeda con l'Iraq di Saddam Hussein non c'entrasse un fico secco. I seguaci di Bin Laden si infiltrarono in Iraq solo dopo la caduta del regime del vecchio dittatore. Il petrolio invece era già lì. L'invasione rappresentava l'occasione migliore per ristabilire il controllo su una ex colonia. Durante l'inchiesta Chilcot è emerso inoltre con chiarezza che Blair ha mentito al suo paese non solo sulla pistola fumante di Saddam Hussein, le famose, inesistenti, armi di distruzione di massa, ma anche sulla legittimità dell'intervento.
Il 15 gennaio 2003, a due mesi dall'entrata in guerra, Blair disse alla Camera dei Comuni che se la Francia avesse posto un «irragionevole veto» in sede di Consiglio di Sicurezza, la Gran Bretagna avrebbe potuto ancora unirsi agli Usa per l'invasione. Una successiva risoluzione Onu, pur essendo «preferibile», non era necessaria dal punto di vista legale per giustificare l'invasione, disse il Premier.
Ma l'allora del consigliere legale del governo e della Corona, l'Attorney General Lord Goldsmith, aveva precedentemente detto a Blair che la risoluzione 1441 dell'Onu, che condannava l'Iraq per non aver adempiuto agli obblighi di disarmo, non sarebbe stata sufficiente a giustificare legalmente l'uso della forza nel paese arabo. Blair mentì sapendo di mentire, per fare un favore all'amico Bush. Ma lo fece per due validi motivi, sostiene oggi. Perchè il parere del consigliere legale del suo governo era «provvisorio» (come se la non ufficialità ne cambiasse la sostanza) e perchè era certo che lo stesso Goldsmith si sarebbe di certo convinto della necessità dell'uso della forza, una volta a conoscenza delle trattative britanniche e americane. Quando poi l'Attorney General ribadì l'opinione originaria, Blair «non comprese». Per una ragione suprema: «La scelta era decidere, sulla base delle informazioni disponibili, se unirsi alla coalizione Usa e rimuovere Saddam, o tenersene fuori. Decisi che noi saremmo stati dentro». Gli oltre centotrenta morti civili provocati nelle scorse ore dalle violenze settarie che ancora insanguinano l'Iraq, mostrano che quella guerra di cui Blair si è assunto la responsabilità assieme a Bush, continua a uccidere.
Purtroppo, delle conversazioni chiave tra i due architetti dell'invasione del 2003, nei giorni che precedettero la guerra, non è dato sapere, nemmeno in occasione dell'inchiesta. Una decisione di cui si è assunto responsabilità il capo della Pubblica Amministrazione britannica, Sir Gus O'Donnell, dopo essersi consultato con lo stesso Blair. La scelta è stata definita dal giudice Chilcot «un serio colpo alla trasparenza».
Da inviato per la pace in Medio Oriente, assoluto paradosso per molti, Blair ha oggi una nuova preoccupazione: l'Iran. Teharan finanzia il terrorismo e vuole destabilizzare il processo di pace in Medio Oriente, dice Blair, indicando, senza pudore, che è ora di affrontare questa una nuova battaglia. Considerati i trascorsi nella Regione, Blair non parla certo in termini metaforici.
All'esterno dal Queen Elizabeth Convention Center, che si trova a a Westminster, come già accadde per l'udienza del gennaio scorso, erano ieri riunite diverse centinaia di manifestanti. Al grido di «All'Aja, all'Aja», hanno invocato il rinvio a giudizio di Blair per crimini di guerra presso la Corte penale internazionale. Una battaglia finora persa.


Liberazione 22/01/2011, pag 2

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