mercoledì 19 gennaio 2011

"Piombo fuso", torna la paura nella Striscia

I vertici militari israeliani premono per un nuovo attacco, due anni dopo l'operazione che costò la vita a 1400 palestinesi

Francesca Marretta
A due anni da Piombo Fuso, operazione militare israeliana su Gaza, costata la vita a 1400 palestinesi e tredici israeliani, si registra un'escalation di scambi di fuoco al confine tra la Striscia e Israele, che potrebbe mettere in pericolo una tregua durata finora.
L'uccisione, nelle scorse ore di due miliziani del Jihad Islami, è l'ennesimo episodio che scalda gli animi, da una parte all'altra della frontiera. Le versioni sulle violenze di ieri sono contrastanti.
La radio militare israeliana ha parlato di scontro tra una cellula terroristica imoegnata a collocare ordigni a ridosso dei reticolati di confine, nei pressi dal valico di Sufa. Fonti palestinesi parlano di battaglia dei miliziani con un'unità israeliana infiltratasi per qualche centinaio di metri nella Striscia, in direzione di Khan Yunes.
In concomitanza del secondo anniversario della guerra a Gaza, il vice premier israeliano Silvan Shalom, parlando alla radio pubblica, ha messo in guardia le fazioni armate della Striscia: «Speriamo non serva una riedizione di Piombo Fuso». Dopo che, nei giorni scorsi, l'uomo forte di Hamas a Gaza, Mahmud a-Zahar, aveva dichiarato che Hamas «resta impegnato a mantenere autocontrollo finchè che non ci sarà un'aggressione», domenica scorsa, il portavoce delle Brigate Ezzin al Qassam, braccio armato di Hamas, Abu Obeida, ha registrato un mesaggio in video indirizzato al governo israeliano. «E' in vigore una tregua. Ma è considerata tale se Israele ferma l'aggressione e l'assedio. Di fronte a ogni tentativo di attacco da parte di Israele attacca Gaza, risponderemo con forza», sono state le parole di Abu Obeida. Invertendo l'ordine dei fattori, il prodotto non cambia. Da parte israeliana il messaggio è praticamente lo stesso. «Se continua il lancio di missili da Gaza verso Israele, dovremo ovviamente rispondere con tutte le forze» ha detto ancora Shalom. Da giorni, posizioni espresse dai vertici dell'esercito israeliano, sembrano preparare il paese a un possibile scenario di guerra sul fronte di Gaza. Israele ha del resto già schierato lungo il confine con la Striscia il nono battaglione corazzato della 401esima brigata. Ovvero il reparto dotato di nuovi carri armati Merkava 4 con sistema di blindatura rafforzata, in grado di resistere ai razzi Rpg e anche ai razzi telecomandati Kornet. Armi in dotazione alle fazioni palestinesi a Gaza. In questo senso, Abu Obeida ha agitato lo spettro dell'arma segreta nella Striscia contro gli israeliani: «Abbiamo in mano qualcosa che preoccuperà l'occupazione».
Contemporaneamente, in occasione delle commemorazioni di
Piombo Fuso, il Premier "de facto" di Gaza, Ismail Haniyeh, ha dichiarato di escludere un nuovo attacco israeliano su Gaza (che i palestinesi della Striscia invece temono), mostrandosi pavido davanti alla prospettiva di un nuovo conflitto: «Siamo certi che in questo momento le milizie palestinesi siano più forti di due anni fa», ha detto ancora Haniyeh. L'annuncio sarà forse di conforto a chi milita nelle fila delle brigate. Ma non per ragazze e ragazzi palestinesi che sognano di finire gli studi, avere un lavoro normale e vievere, un giorno, senza più occupazione, ma anche senza bombe. Considerato sopratutto che durante la guerra di due anni fa, per i palestinesi di Gaza non erano aperti i bunker sotterranei in cui salvarono la pelle i leader di Hamas. «Non abbandoneremo la nostra idea di legittimità della resistenza armata e ora siamo più uniti che mai sulle nostre posizioni politiche e militari» ha aggiunto Haniyeh che ha aperto la porta al suo governo ad altri gruppi politici di Gaza, «per dare un segnale di apertura e condivisione del potere». L'offerta non vale però per Fatah, con cui, pochi giorni fa Hamas ha chiuso le trattative per la riconciliazion, esigendo la scarcerazione di esponenti di Hamas prigionieri in West Bank, in sciopero della fame. I carcerati per motivi politici da parte dell'Anp sono tenuti in prigione nonostante il tribunale di Betlemme ne abbia disposto la scarcerazione. Allo stesso modo, a Gaza, esponenti di Fatah con in mano tutti i permessi per andare in Cisgiordania, sono trattenuti contro la loro volontà da Hamas.
Partiti come il il Fronte popolare, il Fronte democratico e il Partito del popolo (comunisti), hanno rispedito al mittente l'invito di Hamas. Il "no" da parte delle tre storiche formazioni laiche palestinesi, appartenenti all'Olp, all'ingresso nel governo islamista della Striscia, è motivato dal rifiuto ad aggravare la divisione esistente tra le due principali forze palestinesi. Inoltre, il sospetto che l'apertura mostrata da Hamas per la condivisione del potere a Gaza, rifletta piuttosto la perdita di consenso tra la popolazione della Striscia, serpeggia. L'imposizione graduale della Sharia a Gaza, mascherata come libera scelta dei gazawi, ha alienato molte simpatie ad Hamas. Ma è sopratutto l'abuso di potere da parte della polizia in borghese del movimento islamico e anche la corruzione di cui si sente parlare a Gaza, una new entry per Hamas, ad aver allontanato la popolazione della Striscia da quella che storicamente è stata una forza politica che ha costruito consenso attorno a una genuina immagine di integrità morale. Che se vale ancora per molta parte della dirigenza politica di Hamas a Gaza, non trova spesso riflesso tra manovalanza barbuta che vessa chi non si conforma a quella che è la presunta retta impostazione dell'Islam. Mentre Gaza e Cisgiordania restano divise, per una volontà delle rispettive leadership, non condivisa dal popolo, le ferite di Piombo Fuso, continuano a bruciare sulla pelle della popolazione di Gaza. A cui nessuno ha ancora pagato i danni.

Liberazione 28/12/2010, pag 6

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