lunedì 31 gennaio 2011

«C'è, ci deve essere una "bella politica"»

Torna "Presa diretta": Riccardo Iacona racconta la tragica vicenda di Angelo Vassallo

Stefano Galieni
Angelo Vassallo, il "sindaco pescatore" di Pollica, nel Cilento, ha incontrato i suoi sicari la sera del 5 settembre del 2010, neanche 5 mesi fa. Un delitto di camorra, a quanto emerge finora dalle indagini: eletto nelle liste del Pd aveva forse detto troppi no.
Riccardo Iacona e il suo piccolo gruppo di giornalisti autori di "Presa Diretta" è un esempio di come anche nella tv di oggi si possano realizzare inchieste e approfondimenti senza ritrovarsi nel chiasso assordante dei talk show. Ha preso spunto da questa storia tremenda e dimenticata per la prima delle 8 puntate di un programma destinato, anche in questo ciclo, a far discutere e indignare. Domani alle 21.30, su Rai 3, saranno due ore intense: «Il titolo è "La bella politica" - racconta Iacona - Cercheremo di raccontare chi era Angelo Vassallo, un amministratore critico anche verso il proprio partito. Parleremo dell'inchiesta "Crimine" condotta tra l'altro da Ilda Boccassini e che dimostra come la 'ndrangheta imperversi ormai anche in Lombardia. Il rapporto fra politica e organizzazione criminale ormai si è rovesciato, è la politica ad essere divenuta gregaria della 'ndrangheta. Partiamo con questa puntata proprio perché crediamo sia necessario riflettere su questa relazione perversa e perché crediamo che occorra una profonda riforma della politica nonostante la presenza di un enorme tappo che i partiti impongono a livello nazionale. Non vogliamo alimentare il distacco o l'indifferenza, ma far notare che coloro che vogliono rompere certi meccanismi sono costretti ad assumersi anche responsabilità enormi. Noi vorremmo che la politica tornasse ad occuparsi dei problemi reali e non resti impantanata nelle vicende di Berlusconi. Tornando a Vassallo, probabilmente a breve ci saranno notizie importanti nell'inchiesta: si parla molto di interessi degli speculatori per il parco del Cilento».
Riccardo Iacona parla con passione dell'intero ciclo di temi che, di domenica in domenica, entreranno in prima serata: «La successiva puntata sarà sulla spazzatura, in particolar modo cercheremo di capire qual è lo stato dell'arte a Napoli e il giro di sprechi di risorse pubbliche. Non vogliamo soltanto restare nella cronaca ma fare approfondimenti; siamo interessati alla pratica e alla teoria della politica. Per questo ci servono argomenti politicamente densi. Poi affronteremo il buco nella sanità del Lazio con una puntata dal titolo "Profondo Rosso". Questa regione è ormai come una piccola Grecia, e chi la governa dovrà metterci mano garantendo il sostegno alle fasce più povere. Ovviamente vogliamo anche ragionare sul rapporto fra sanità pubblica e privata, sul fatto che nei bilanci i consultivi siano esageratamente maggiori dei preventivi, sulla mala gestione che paghiamo tutti. Vogliamo anche mostrare i tanti beni immobili di proprietà delle aziende sanitarie. E poi ancora: la "parentopoli a Roma" con le aziende in rosso a causa delle spese inutili sostenute dai clan vincenti. Non ci importa sapere se il sindaco era informato o meno di quanto accadeva, quello che ci interessa è l'assenza di meccanismi di controllo e di autodifesa, notare come partiti e sindacati abbiano dimostrato in questo caso una capacità onnivora di produrre politica malata. Una storia in cui ce ne è per tutti. Quindi affronteremo le tematiche legate alla scuola, all'università e al precariato, gli eventi sportivi e la gestione che ne viene fatta, i tagli che si vanno delineando al già scarso sistema di welfare e, infine, una puntata sulla corruzione, vero abito del paese in cui si può vantare un non invidiabile record».
E se si prova a obiettare che in questa maniera si rischia di alimentare ancora di più il distacco dei cittadini dalla politica e la logica del «tanto sono tutti uguali», Iacona risponde rilanciando: «No, perché cercheremo di far vedere anche come si sta reagendo e cosa accade quando la politica non sceglie di abdicare al proprio ruolo. Le soluzioni ci sono, anche se sono complesse. Si tratta di temi che non sembrano interessare al Paese perché portano a ragionamenti di medio e lungo periodo, preludono alla progettazione di un modo di vivere migliore. E' vero che questo Paese è annichilito dalla crisi economica, che si deve combattere giorno per giorno per garantire il presente a se stessi e ai propri figli, ma è ancora possibile proporre un patto con e fra i cittadini. Qui rischiamo di essere schiacciati fra la Lega Nord e un "Partito del Sud". Invece, dovremmo pensare ad una vera riforma elettorale e a rendere i partiti più trasparenti, obbligati a contrarre un rapporto con il proprio elettorato, costruire una informazione pulita che metta in condizione i cittadini di poter valutare le scelte di chi governa e comprenderne gli effetti anche nel lungo periodo. Una politica, insomma, che non si riduca ad uno scontro per abbattere l'avversario».
Per il giornalista è essenziale ribaltare l'agenda politica imposta: «Io penso che si debba parlare della "vicenda Ruby" perché segna un punto di non ritorno. E' una vicenda da cui potrebbe uscire un paese diverso, con una magistratura più debole e una democrazia svilita. Tra l'altro queste storie sono una cartina di tornasole che dimostrano come è ridotta oggi l'Italia. Le donne contano poco o nulla, anche nei partiti (in tutti), mentre invece c'è un utilizzo devastante del corpo femminile. E Berlusconi, in questo contesto, sembra rappresentare una parte importante del pensiero comune nel Paese. Chi, come Liberazione, sceglie però di parlare soprattutto di lavoro, si ritrova a camminare in salita. Il sistema informativo italiano è anomalo, ancora imbrigliato nel conflitto di interessi. Chiaro che se si taglia l'editoria si fa qualcosa di grave perché si toglie la voce a quanti vogliono poter introdurre contenuti diversi. Se certe testate le butti sul mercato non le vedi più. Se diminuiscono i punti di vista si crea un corto circuito che rende difficile produrre innovazione, valore aggiunto, spazi dialettici. Si resta ancorati ai dibattiti stantii che dal 1994 ci ripropongono, per esempio, gli slogan contro i "comunisti". Ecco il pericolo. Certo, ci sono segnali positivi come l'ascolto ricevuto da programmi come "Vieni via con me" o tg laici come quello di Mentana. Anche noi proviamo a fare il nostro lavoro in trincea, con l'elmetto in testa e la voglia di dire cose sensate riempiendo due ore. Ma i meccanismi di controllo ci sono e questo paese è già meno libero rispetto ad alcuni anni fa. Oltre, c'è la sommossa, il dramma che deriva da un incagliamento della democrazia. C'è bisogno di più politica, della possibilità di partecipare, di rimuovere una legge elettorale che impone scelte fatte dall'alto. Penso anche alla riforma della scuola: nessuno dei soggetti che la subiranno è stato coinvolto nella sua realizzazione».
Riccardo Iacona si dichiara preoccupato per Liberazione, Il manifesto e le altre testate che rischiano di chiudere: «Avete molte cose interessanti da dire e dovete risalire la china per non far diventare questo Paese ancora più conformista. Ai tagli si somma una crisi enorme, anche nel mercato pubblicitario (si pensi agli investimenti che non arrivano per i canali aperti del digitale terrestre), ma dovete insistere. Del resto il vostro partito ora è fuori dal parlamento e quando sei fuori è facile essere cacciati alla periferia, cancellati dal sistema dell'informazione. Le frecce che vi restano nell'arco sono legate alla capacità di ricostruire dibattito a partire dal basso».


Liberazione 29/01/2011, pag 12

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