mercoledì 19 gennaio 2011

Ferrando a Prc, Sel e Fiom: «Mollate il Pd, serve un fronte unito»

Da domani a Rimini Pcl a congresso. Tre proposte alle sinistre
Francesco Ruggeri
Dal Pcl tre proposte alle sinistre politiche e sindacali. Sarà questo il messaggio da Rimini da parte del secondo congresso - tra domani e il 9 gennaio - del partito comunista dei lavoratori, formazione nata dalla scissione di Rifondazione del 2006 da parte della corrente trockista di marco Ferrando e Franco Grisolia. «Rompere con il Pd e il centrosinistra e realizzare l'unità d'azione per radicalizzare le lotte», sintetizza Ferrando che, del Pcl è portavoce. I destinatari? «Sel, la Federazioni, le formazioni minori. la Fiom» ma anche il sindacalismo di base cui Ferrero indirizza un appello: «Perché è sconcertante che stiano fuori dal fronte unico attorno a Fiom, che non siano scesi in piazza il 16 ottobre né il 14 dicembre». Il Pcl sembra credere al proclama di Vendola secondo il quale lo schieramento nella vertenza Fiat rappresenta una discriminante: «Allora si rinunci all'alleanza democratica», incalza rivolto anche a Rifondazione e alla Fds. Obietta il cronista che quella proposta, nella versione di Ferrero, è finalizzata solo a scacciare Berlusconi e scrivere una nuova legge elettorale. Ferrando e il Pcl hanno un'opinione opposta circa «l'evidente profilo programmatico» di quell'esito e il non ingresso nel governo eventuale gli pare più «una condizione posta dal Pd». E insiste Ferrando, cinquantasei anni, genovese, insegnante di liceo di storia e filosofia ma da tempo militante di professione per dedicarsi prima all'«operazione classicamente entrista finalizzata alla costruzione di un partito indipendente», così riassume il transito nel Prc e il suo esito nel partito di cui si celebra il secondo congresso. Allora pietra dello scandalo fu l'esclusione dalle liste proprio di Ferrando... «No, fu l'ingresso del Prc nel governo Prodi - chiarisce - avevamo deciso che saremmo rimasti a fare la battaglia interna finché il partito non avesse condiviso le politiche militari e finanziarie della borghesia italiana». Così fu e il giudizio su quella stagione è lapidario: «Fu il fallimento del riformismo, del compromesso dinamico con la borghesia "buona", come Bertinotti definì Marchionne».
In un quadro del genere non c'è spazio alcuno per le primarie: «Un atto tutto interno a quel posizionamento - lo definisce Ferrando - cartina di tornasole del grande bluff del vendolismo ossia la riproposizione a destra del bertinottismo». Ad accomunare l'ex presidente della Camera e il presidente della Puglia, «lo iato tra la poesia e la prosa» ma Vendola supera il maestro rifiutando di fare la «sinistra del centrosinistra» proponendosi a guida «di uno schieramento borghese liberale».
1400-1500 iscritti, oltre 200mila voti alle politiche del 2008 e alle europee dell'anno appresso (0,6%), il suo partito punta sul terreno del radicamento operaio. Uno dei vanti è di essere l'unico partito organizzato alla Sevel Val di Sangro, grazie al «lavoro certosino di presenza ai cancelli». Oltre alla proposta di fronte unico, il Pcl - che sostiene la forma di coordinamento stabile come "Uniti contro la crisi" - chiede «una svolta radicale di lotta: alla Fiat c'è un salto storico dell'offensiva dominante a cui serve una risposta uguale e contraria per segnare un punto di ricomposizione delle lotte di resistenza. Serve un coordinamento operaio nazionale, una cassa di resistenza utile a una vertenza nazionale Fiat che sia la locomotiva per una grande vertenza generale del mondo del lavoro, di precari e disoccupati». Le parole d'ordine sono la difesa del contratto nazionale, l'abolizione delle leggi sul precariato, il blocco dei licenziamenti e il ritiro della riforma Gelmini per saldare il fronte di massa operai-studenti. Se non ci sarà il salto di qualità - dice - l'onorevolissima ostinazione della Fiom non eviterà una sconfitta con effetto trascinamento di lungo periodo». Last but not least: «Il programma» che, per Ferrando, deve evitare la riproposizione di ricette keynesiane. Lavorare meno a parità di salario, annullamento degli interessi delle banche sul debito pubblico, la nazionalizzazione delle aziende che licenziano. Che siano «indicazioni provocatorie» lo sa anche Ferrando, «ma sono assolutamente in sintonia con il livello dello scontro».
Certo però che se i giudizi sui destinatari delle tre proposte sono così tranchant viene da chiedergli perché insistere nella formulazione delle tre proposte. «Perché c'è un'esigenza oggettiva del movimento dei lavoratori di avere un programma autonomo. Ci rivolgiamo all'insieme (Vendola, Ferrero, la Fiom, Casarini ecc...) le risposte saranno un elemento di chiarimento rispetto alle avanguardie di movimento».

Liberazione 05/01/2011, pag 4

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