mercoledì 19 gennaio 2011

Clandestinità, stop della Consulta «Non punibile l'indigente espulso»

Cade un altro tassello del "pacchetto sicurezza"

Stefano Galieni
Per tre volte era stata trovata priva di regolare permesso di soggiorno e non aveva obbedito, o meglio potuto obbedire, all'ordine di allontanamento disposto dalla questura. Vive in un sottoscala, a Voghera, senza servizi e con una temperatura che scende di molto sotto lo zero, non ha i mezzi per campare, figuriamoci per tornare al suo paese. Si perché la signora ha il problema di non essere una cittadina comunitaria e di essere sottoposta ai vincoli imposti dal pacchetto sicurezza emanato dal governo nel luglio 2009 e in gran parte velleitaria. Risulta spesso inapplicabile e inapplicato il cosiddetto "reato di clandestinità" che in caso di reiterato inadempimento al decreto di espulsione, prevede la punibilità. A dare un altro colpo alla scarsa credibilità di tale provvedimento legislativo ha provveduto con la sentenza n 359 scritta dal giudice Gaetano Silvestri che non solo ha decretato la non punibilità della signora ma ha censurato il testo del "pacchetto". Una norma in palese contrasto con il testo unico (legge Bossi Fini) art 14, comma 5 quater). Nel testo si prevedono infatti "giustificati motivi" che impediscono l'attuazione dell'espulsione, motivi che non sono stati inclusi nel pacchetto propaganda tanto decantato come strumento fondamentale per combattere la clandestinità. In pratica le due normative risultano in palese contrasto: un provvedimento di espulsione può non essere eseguito se sussistono motivi ostativi -indigenza, assenza di un vettore per il trasporto, difficoltà nell'ottenimento dei titoli di viaggio ecc…- ma, secondo il pacchetto può divenire punitivo, entro 5 giorni se reiterato. Come se in 5 giorni cambiassero all'improvviso le condizioni della persona da espellere. Esiste, secondo il giudice un ragionevole bilanciamento fra l'interesse pubblico all'osservanza dei provvedimenti dell'autorità e l'insopprimibile esigenza della persona umana. Esisterebbe la possibilità di una espulsione coatta a spese dello Stato, ma quante sono le persone che potrebbero essere espulse con simili modalità? Quali i costi e le risorse necessarie? Partendo quindi da elementi di puro pragmatismo la Corte costituzionale ha di fatto portato a galla un tema spesso celato e rimosso dalla propaganda non solo governativa. La lotta contro i poveri e non contro la povertà. La signora, le cui generalità non sono state fornite per evitare di farla divenire preda di sciacalli natalizi, rappresenta infatti uno spaccato non marginale di persone che teoricamente la legge vorrebbe allontanare dal consenso sociale, che a volte è disponibile a tollerare se sfruttabili e ricattabili, ma che non riescono ad essere inserite nella vasta gamma degli attentatori alla sicurezza pubblica. Ora c'è solo da darsi da fare perché questa sentenza serva da una parte a fare scuola e venga impugnata dai tanti casi analoghi che quotidianamente si verificano, dall'altra affinché alla signora di Voghera venga fornito un sostegno minimo, necessario non per poter essere espulsa ma per trovare un progetto di vita positivo. Certo servirebbero leggi e provvedimenti in grado di rendere possibile il passaggio dalla irregolarità alla emersione e non provvedimenti mannaia come quelli in cui questo governo si è dimostrato maestro.

Liberazione 18/12/2010, pag 5

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