giovedì 20 gennaio 2011

La Tunisia chiede pane e libertà

Questo articolo è firmato da "Tunisia Libera", pagina di Facebook: non è firmato dagli autori per ragioni di sicurezza

Mentre molti italiani s'appresteranno fra qualche mese ad attraversare il Mediterraneo per celebrare il rito dell'abbronzatura sulle coste a buon mercato della Tunisia, per mangiare il cous-cous e bere il the alla menta, per i tunisini che altresì aspirano ad una vita appena decente, il viaggio al contrario sarà diventato sempre più pericoloso, se non impossibile, per le crudeli politiche di respingimento che l'Europa, con l'Italia in prima fila, ha messo in opera senza ritegno alcuno. E' anche per questo nuovo incubo che la rabbia dei poveri delle città dell'interno e dei giovani delle città esplode con un coraggio e una fierezza che solo chi non ha conosciuto questo popolo trova inauditi. L'incubo di chi non vede alcuna via d'uscita da una vita miserabile e dalla più completa privazione delle più elementari libertà d'espressione. Due istanze differenti, la protesta contro la disoccupazione, da un lato, e dall'altro la rivendicazione del diritto di parola che si trasformano in un'unica voce contro la corruzione imperante dell'entourage del dittatore "raccomandabile" (per il nostro ministro degli Esteri Frattini che lo ha definito «un pilastro contro il terrorismo») Ben Alì: questa è la peculiarità del fermento tunisino che lo differenzia dagli altri sommovimenti in atto nel Maghreb.
Se le rivolte di Sidi-Bouzid, Kasserine e Thala possono rientrare nello stesso schema interpretativo, applicabile a quelle algerine, la protesta degli studenti, dei rappers e dei bloggers, pur racchiudendo in sé la solidarietà a quelle lotte, le arricchisce di rivendicazioni per la libertà di stampa, di parola e d'espressione. Due facce della nuova coscienza popolare di cui un'Europa a dir poco disattenta solo ora, forse, comincia a rendersi conto.
Nessuna organizzazione politica dell'opposizione tunisina finora è stata in grado di unificare queste proteste, anche se il sindacato sta cercando di organizzare finalmente uno sciopero generale. E anche se è certo che la situazione economica di tutti i paesi del Maghreb, come ha scritto ieri Maraini su queste stesse pagine, è dovuta ad «una mondializzazione non negoziata» (citando l'economista algerino Ghazi Hidouchi), risaltano tuttavia le differenze con le azioni di protesta in atto in Algeria: innanzitutto le rivendicazioni non sono solo economiche, anche se tutto è cominciato con il terribile sacrificio di un 26enne di Sidi Bouzid che si è appiccato il fuoco per protestare contro il sequestro del suo banchetto di frutta e verdura con il quale lui, laureato, cercava di sbarcare il lunario.
Infatti, in tutto il paese la protesta contro la disoccupazione si è trasformata nella denuncia della corruzione e della repressione in atto dal 1987, anno in cui Ben Alì, con un colpo di stato militare, ha preso il potere. Dal Kef a Seliana, da Tunisi a Kasserine, e ora anche a Monastir e Bizerte (città a vocazione turistica), da Sfax a Sousse, i tunisini non hanno più paura di denunciare le malefatte di questo personaggio e della sua famiglia, padroni indiscussi di tutte le principali attività economiche del paese. Persino i siti dei ministeri dell'"amico tunisino" di Sarkozy e Berlusconi sono stati attaccati da una organizzazione internazionale di hackers che ha pubblicato una dichiarazione di appoggio agli internauti tunisini su AnonNews.org. e ha lanciato Operation: Tunisia.
Ricordiamo che in Tunisia è in atto una censura sul web fra le più sofisticate al mondo, tramite la quale si arrivano ad oscurare pagine di Facebook e blog dell'opposizione con cadenza quotidiana. A questo fine, il regime avrebbe assoldato ben 300 persone che quotidianamente si occupano di segnalare e disturbare siti dell'opposizione; inoltre, Youtube, Daily Motion ed altri siti sono oscurati da anni perché utilizzati dall'opposizione. In questi giorni anche la navigazione anonima (tramite Htpps) è stata bloccata.
Ma è proprio dal web, che riesce comunque a svicolare dalle maglie della censura, che buona parte dei tunisini sta ricevendo le tragiche notizie dei morti di Kasserine e dintorni; è sul web che si stanno organizzando le prossime manifestazioni. E, come affermava in un suo articolo lo storico oppositore in esilio Moncef Marzouki: «Il processo di liberazione del popolo tunisino è in atto e niente lo fermerà». Inch'allah.

Liberazione 12/01/2011, pag 1 e 7

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