Pakistan dietro la morte del giornalista i servizi segreti di cui scriveva
Francesca Marretta
Nel tardo pomeriggio di domenica 29 maggio, Syed Saleem Shahzad, 40 anni, giornalista pakistano tra i massimi esperti di terrorismo, era uscito di casa per recarsi negli studi televisivi di Dunya News a Islamabad
Francesca Marretta
Nel tardo pomeriggio di domenica 29 maggio, Syed Saleem Shahzad, 40 anni, giornalista pakistano tra i massimi esperti di terrorismo, era uscito di casa per recarsi negli studi televisivi di Dunya News a Islamabad. Avrebbe dovuto parlare di "collegamenti esplosivi" tra i servizi segreti di Islamabad (Isi) e i talebani legati ad al-Qaeda, in relazione all'attacco alla base aeronavale pakistana di Mehran a Karachi. Dalle 17.40 il cellulare di Shahzad, scrittore, caporedattore di Asia Time, corrispondente dell'Agenzia di stampa AdnKronos/Aki e collaboratore del quotidiano La Stampa, non è più raggiungibile.
Martedì 31 maggio il cadavere del giornalista è rinvenuto nell'area di Head Rasul, nel distretto di Mandi Bahauddin, nella provincia del Punjab, a 150 chilometri da Islamabad. E' morto sotto tortura. E' stato prima sepolto dalla polizia, come cadavere non identificato e poi riesumato.
Il giornalista era sposato con Anita, da cui ha avuto tre figli, due maschi e una femmina, di 14, 12 e 7 anni. Il ministro degli Interni Rehman Malik ha presentato le condoglianze del governo alla famiglia del giornalista e ai colleghi. Prima ancora delle indagini, le autorità pakistane non escludono la "vendetta personale" da parte dei talebani.
Il governo pakistano ha subito annunciato la creazione di una commissione d'inchiesta cui partecipano servizi d'intelligence e sicurezza. Anche le pietre a Islamabad, come e Karachi, sanno che tra Shazad e l'Isi non correva buon sangue. Il giornalista aveva infatti riferito sia al capo della All Pakistan Newspaper Society (Anps), Hamed Haroon, che al direttore di Asia Times, di essere minacciato dai servizi segreti di Islamabad. Cosa accaduta almeno cinque volte, negli ultimi cinque anni.
Diversi analisti sostengono che la dinamica dell'omicidio sia perfettamente in linea con lo stile dei lavori sporchi dell'Isi. Se a rapire il reporter fossero stati i talebani, lo avrebbero portato in una delle loro roccaforti, tra le montagne al confine con l'Afghanistan.
Shazad aveva anticipato le rivelazioni sugli intrecci tra Isi ed estremisti islamici pakistani in relazione all'assalto a Mehran in un lungo articolo pubblicato sull'Asia Times il 22 maggio. Si trattava del terzo attacco in meno di un mese a un obiettivo militare in Pakistan. La firma della strategia della tensione è quella di Tehrik-e-Taliban Pakistan, gruppo talebano che opera in coordinamento con al-Qaeda. Shahzad parlava di infiltrazioni sempre più frequenti di qaedisti tra gli ambienti della marina pakistana.
Pochi giorni prima del suo assassinio era stato pubblicato il suo ultimo libro, dal titolo profetico: Inside Al-Qaeda and the Taliban: Beyond Bin Laden and 9/11 (Dentro al-Qaeda e i Talebani: oltre Bin Laden e l'11 settembre) , edito da Pluto Press.
Anche quando è stato ucciso Bin Laden Shazad aveva sollevato interrogativi che indicavano una possibile copertura da parte dell'Isi del nascondiglio di Bin Laden. Il covo del leader di al-Qaeda era la casa più grande e meglio fortificata di Abbottanabad. Com'è possibile che un posto così, a un tiro di schioppo da un'accademia militare, non sia stata mai controllata? Impossibile che l'Isi almeno non sospettasse sosteneva Shahzad. Dopo l'uccisione di Bin Laden Shahzad ha detto che al-Qaeda si sarebbe vendicata e avrebbe cominciato dal Pakistan.
Ieri cinquecento talebani hanno sconfinato dall'Afghanistan, attaccando con armi pesanti e leggere posti di controllo delle forze di sicurezza nel distretto di Upper Dir della provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Sono morti 23 poliziotti e cinque civili. Gli insorti sono pakistani, legati ad al-Qaeda, precedentemente fuggiti per sfuggire all'esercito pakistano. La scia di sangue di cui aveva parlato Shahzad all'indomani della morte di Bin Laden continua irrefrenabile.
Anche l'Organizzazione internazionale per la difesa dei Diritti umani Human Rights Watch (Hrw), citando "fonti affidabili" ha indicato che il giornalista pakistano era nel mirino dell'Isi per le rivelazioni dei legami tra estremismo e servizi deviati. Facendo uno sforzo di memoria, in tema di omicidi in odore di manovre Isi, si potrebbe ricordare che molte analisi indicano nell'uccisione del Generale Massud, appena prima l'11 settembre in Afghanistan, lo zampino dei servizi pakistani.
Nel 2007 Syed Saleem Shahzad, scriveva: «Mentre le operazioni militari sostenute dall'occidente continuano, i talebani allargano le loro fila. Vi si sono aggiunti alcuni ufficiali dell'esercito pakistano, che hanno lasciato la divisa. I talebani vogliono portare la guerra in Pakistan e Afghanistan per costituire un Emirato islamico. Più l'intervento americano durerà, più sarà sofisticato il loro sviluppo strategico».
Nel 2011 alla morte di Bin Laden, diceva dei talebani: «Sanno che un giovane musulmano povero e frustrato è facilmente indottrinabile. Una volta erano solo un movimento separatista in qualche modo ora fanno parte della jihad globale che al Qaeda sta creando». Sicari parte dello stesso apparato gli hanno chiuso la bocca.
Liberazione 03/06/2011, pag 4
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http://en.wikipedia.org/wiki/Syed_Saleem_Shahzad
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