Milano, la giunta Moratti ha bocciato per due volte la proposta di una commissione di inchiesta antimafia
Daniele Nalbone
«Un'Expo a misura di ‘ndrina». Il Comitato No Expo entra a gamba tesa nel caos che sta scuotendo i vertici lombardi: «Ormai solo gli struzzi o chi è in malafede può continuare a difendere il grande evento del 2015». D'altra parte, i 320 arresti di martedì non fanno che confermare un quadro «che già tre anni fa era evidente: Expo è una grande opportunità per la criminalità organizzata, lo strumento ideale per lavare soldi sporchi ed arricchirsi di profitti puliti». Ora la conferma di questi che, al tempo della scelta di Milano come sede per l'Esposizione universale del 2015, erano solo timori arriva dal maxiblitz che, in tutta Italia, da Locri a Milano, ha portato alla luce gli interessi della malavita organizzata calabrese. Interessi che puntavano, in Lombardia, agli appalti per l'Expo 2015.
Il tentativo di infiltrazione nel business del grande evento è avvenuto tramite il gruppo Perego General Contractor, che gli inquirenti considerano riconducibile alla cosca degli Strangio. In particolare i riflettori della Direzione distrettuale antimafia di Milano sono puntati sul legame tra Ivano Perego, responsabile dell'azienda, e una serie di politici milanesi, tra i quali l'ex assessore provinciale al Turismo Antonio Oliverio (unico politico indagato), transitato nel 2009 dallo schieramento dell'allora presidente Filippo Penati (Pd) a quello dell'attuale, Guido Podestà (Pdl). Sono diverse le intercettazioni che denotano uno stretto rapporto tra Oliverio e Perego che negli ultimi anni è riuscito a ottenere appalti tutt'altro che di secondo piano: la Perego General Contractor ha infatti lavorato ai cantieri di Citylife, il mega progetto di "riqualificazione" dell'area della Fiera Campionaria di Milano, ma non solo. Oltre ai grattacieli di proprietà del consorzio formato da Generali Spa, Gruppo Ras, Gruppo Fondiaria, Lamaro Appalti e Gruppo Lar che sorgeranno sull'area liberata con il trasferimento del quartiere fieristico nel nuovo polo di Rho-Pero, la Perego ha infatti ottenuto commesse per lavori nel quartiere Mazzini, per l'area ex Ansaldo e per la realizzazione di un nuovo centro industriale a Orsenigo (Como). Così, come spesso accade, più di qualcuno oggi può recitare la canonica formula de "l'avevo detto". Quel qualcuno, ad esempio, potrebbe essere il giudice Guido Salvini che già nel 2008 sottolineò la necessità di creare una commissione milanese per vigilare sulle organizzazioni criminali, dopo che la Dda definì Milano «la vera capitale della ‘ndrangheta». Allora, come oggi, l'obiettivo delle cosche si chiamava Expo. Fu la maggioranza guidata da Letizia Moratti a bocciare quella proposta dell'opposizione. Un balletto che si è riproposto nel marzo 2009: dopo un primo voto favorevole, all'unanimità in Consiglio comunale per la creazione di una commissione di inchiesta antimafia in vista dell'Expo, il sindaco Moratti e il prefetto Gian Valerio Lombardi si schierarono contro la delibera presentata dall'opposizione. Così, a maggio dello scorso anno, per merito di un'altra delibera, stavolta proveniente dal centrodestra, la neonata commissione venne cancellata. Furono 29 i voti a favore della "delibera killer" (il centrodestra al completo), 24 i contrari (l'opposizione) e una sola astensione, ma decisamente significativa: quella del presidente del Consiglio comunale, Manfredi Palmieri, per il quale «la Commissione era utile e legittima».
Ma chi, più di ogni altro, può vantare il triste primato nell'averlo detto per tempo sono sicuramente i cittadini del Comitato No Expo: «In un'Expo ormai sostenuta solo dal sistema di potere rappresentato dalla Compagnia delle Opere, alla guida di Expo Spa, della società Fiera proprietaria delle aree, del tavolo Lombardia controllato dal presidente Formigoni, e che si occupa di tutte le opere infrastrutturali» a mancare, «vista anche la presenza del Pd milanese che continua a reclamare soldi e attenzione per il grande evento» è solo la popolazione. Una popolazione che, oggi, si augura «un intervento del Ufficio internazionale delle esposizioni (B.I.E.) che, togliendo Expo a Milano, ci eviti altre sciagure economiche, urbanistiche e democratiche».
Liberazione 16/07/2010, pag 3
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