mercoledì 21 luglio 2010

Filippine: la nuova frontiera del cinema

Asian film fest 2010

Davide Turrini
Con un nome così prima o poi qualcuno si accorge di te. Brillante Mendoza, classe 1960, fino al 2005 girava spot pubblicitari in quel di Manila. Poi la folgorazione cinematografica e in cinque anni nove film che gli hanno fatto toccare le vette dei festival di Berlino, Venezia, Cannes (premio come miglior regia nel 2009 per Kinatay). Subito il nostro personale mea culpa per non averlo lambito, se non di striscio, in tutti questi scorci festivalieri. Per farci perdonare, suggeriamo di recuperare almeno i suoi due titoli più recenti ( Kinata y 2009, Lola 2009) stasera al cinema Farnese (20e30, 22e30) all'interno del più ampio "Asian Film Festival" diretto da Antonio Termenini. Perché Mendoza, come del resto la nuova onda del cinema filippino, non sono più una scoperta estemporanea del nuovo secolo cinematografico. Figli e nipoti del maestro Lino Brocka, levata eterogenea che va dai cinquantadue anni di Lav Diaz ( Evolution of a Filipino Family , 2004) ai ventidue di Pepe Diokno (premio Orizzonti per Engkwentr o a Venezia 2009), la nuova onda filippina può annoverare Mendoza come portabandiera di un rinnovamento estetico e poetico difficilmente catalogabile in una rigida confezione. Se le nouvelle vague anni '60-‘70 hanno rivoluzionato il cinema classico, e il cinema postmoderno degli anni '80-'90 lo ha citato, omaggiato, talvolta copiato, con Mendoza e colleghi, i punti di riferimento con qualsiasi tradizione si cancellano: le citazioni non sono più un oneroso esame per la promozione e va in scena un rimescolamento di strutture narrative, espedienti stilistici, costruzione di un nuovo immaginario. Mendoza, appunto, esordisce nel 2005 con un film a tematica gay, The masseu r, lanciando l'icona Coco Martin. Nel 2007 arriva Tirador, concitato cinema verité tra gli slums di Manila: furfanti di mezza tacca, crack, dvd piratati, sgherri dei politici locali alla ricerca di voti per le imminenti elezioni. Poi ancora, un grandissimo film come Serbis (2008): macchina da presa che esplora ingresso, corridoi, platea e gallerie del cinema Family, tra sesso, soldi, animali e celluloide sporcata, rigata, bollata a resistere su grande schermo. E ancora Kinata y (2009), il film cromaticamente più buio della storia del cinema per raccontare il rapimento da parte della polizia di una prostituta, poi fatta a pezzetti, e i turbamenti etici del giovane poliziottino fresco di matrimonio che assiste al massacro. Infine Lola (2009), barricadiero scontro tra nonne per onorare nipoti vittime ed assassini della guerra di strada. Mendoza fa conoscere all'ultimo istante lo script ai suoi attori, facendoli spesso improvvisare, usa luci naturali e lunghi movimenti di macchina, mescola con franchezza temi etici in modo personale ed intellettualmente libero nel bel mezzo dell'odierno caos politico-sociale filippino. Assolutamente da recuperare.

Liberazione 14/07/2010, pag 14

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