Le conclusioni di Ferrero al Cpn del Prc, che ha segnato una svolta nel modo di concepire il pluralismo interno
Stefano Galieni
Due giornate di dibattito intenso, a tratti anche rude ma vero. Nonostante il caldo torrido ben 57 interventi nei due giorni di discussione che hanno caratterizzato il Comitato politico nazionale del Prc, che si è concluso nel primo pomeriggio di domenica, a dimostrazione che esiste un partito vivo, che ha voglia di discutere, di alzare magari anche i toni, ma di portare avanti un proprio progetto politico. Ad una sostanziale e quasi generale convergenza sull'analisi della crisi, emersa dalla relazione di Paolo Ferrero e sulla necessità di costruire risposte adeguate hanno corrisposto, critiche, proposte integrative, idee da mettere in comune, segno di un utilizzo positivo del pluralismo interno. Sono certo emerse differenze che hanno reso forte la discussione, e si è giunti alla fine ad una condivisione progettuale che forse non c'era mai stata nel partito. Ci sono stati si interventi critici rispetto al percorso che sta portando alla Federazione della Sinistra: dal timore di veder messa in discussione l'autonomia del partito alla percezione del progetto federativo ancora come poco attrattivo se non foriero di "svolte moderate", o ingabbiato in una composizione monosessuata e in quanto tale limitante. Dubbi che solo in piccola parte si sono tradotti in opposizione e che hanno, anche da angolature diverse, alimentato la necessità di vedere la Federazione come un punto di partenza per l'unità della Sinistra d'alternativa e non come un punto di arrivo.
Sullo sfondo degli interventi, la necessità di definire con lucidità il rapporto sia interno alla Federazione sia con gli altri soggetti, le modalità di costruire alleanze tanto politiche quanto capaci di ridar vita ad un blocco sociale. Far divenire insomma la Federazione un processo politico e non politicista. Ora che la "macchina" sembra essersi avviata, occorrono, secondo molte e molti, fatti concreti, il lavoro fatto a Pomigliano si è intersecato con i risultati elettorali, a cui si era data finora poca visibilità, come in Sardegna, dove una Federazione priva di ogni mezzo ha conseguito un risultato doppio rispetto ai sondaggi iettatori forniti da "Repubblica". Rispetto al documento con cui la Federazione si prepara ad andare a congresso sono stati forniti spunti per un suo miglioramento, nell'analisi che va fatta della società, nella costruzione di uno schieramento sociale, nel relazionarsi con un sindacato di classe capace di abbandonare le politiche concertative, ma c'è stato anche spazio per una accurata critica alla torsione lavorista che tale percorso sembra delineare e che non tiene sufficientemente conto di quanto il conflitto capitale lavoro sia inscindibile dal conflitto capitale vita. Questo significa tanto parlare con più forza di democrazia sindacale e di critica netta all'accordo separato, quanto approcciarsi ad una precarietà, intellettuale e non, che ragioni di liberazione del e dal lavoro salariato. Ovvio che ad una posizione così forte, per alcuni il documento della Federazione è anche più avanzato rispetto alle possibilità in campo, segue un ragionamento sulle alleanze estremamente elaborato in cui il Pd e la sinistra moderata in Europa rappresentano oggettivamente ipotesi contrapposte. Nel "da farsi" è stata chiesta a gran voce meno debolezza e maggiore elaborazione nel definire l'azione di una sinistra di alternativa, capace di attrarre consensi, si è chiesto di avere luoghi di discussione di carattere seminariale utili a costruire quell'intellettualità collettiva, unico antidoto ai populismi plebiscitari di ogni forma. Molte e molti sono intervenuti sul tema spinoso del superamento del correntismo nel partito. Dichiarandosi d'accordo nella sostanza ma evidenziando, ognuno con accenti diversi, la necessità che questo non si traduca solo in dichiarazione di intenti ma segni una modalità diversa di lavorare e di discutere, in cui ognuno, mantenendo la pluralità, si possa sentire in dovere di intervenire anche nell'operato altrui. Il partito insomma che diviene il vero centro di appartenenza, sia a livello nazionale che territoriale e non l'ambito ristretto della aggregazione parziale.
Nelle conclusioni Ferrero ha risposto alle numerose sollecitazioni raccolte partendo da alcuni presupposti. La federazione è un percorso ragionevole compiuto con i soggetti diversi che hanno scelto di starci e il documento, migliorabile, almeno osserva il principio di non contraddizione. Il segretario ha definito due forme di critica estreme - la federazione che rischia di assorbire il partito o che viceversa è "troppo poco"- come non convincenti. Ha fatto esempi di vario tipo per dimostrare come ad oggi questa sia un punto di equilibrio che crea novità politica e non riduce l'autonomia di Rifondazione. Rispetto alle alleanze si è anche lì ad un bivio: o si assume la posizione del Pcl (centro destra e centro sinistra sono uguali quindi estraneità totale) o quella di Vendola che considera possibile una modifica lavorando per avere egemonia nel centro sinistra. La posizione proposta ed espressa nel documento approvato a grande maggioranza in Cpn, prelude ad un'altra opzione politica, quella secondo cui il piano dell'alleanza democratica per battere Berlusconi e quello della costruzione di una sinistra di alternativa non coincidono e proprio per questo è necessaria l'autonomia strategica della sinistra di alternativa dal centrosinistra. Per poi affrontare le dinamiche interne è partito da una critica serrata ai modelli populisti - in cui la partecipazione non è connessa al potere che viene delegato integralmente al leader - che dopo aver dominato la scena a destra stanno adesso proliferando a sinistra. In un partito come Rifondazione al contrario chi partecipa decide. Per questo il pluralismo è normale ma occorre superare il correntismo esasperato sulla gestione come sulla politica. In particolare Ferrero ha sottolineato come una volta assunta una decisione, il gruppo dirigente ha il dovere di applicarla evitando che ognuno vada per la sua strada, cosa che crea solo confusione e riduce l'efficacia dell'azione politica. Va posta insomma fine ad una guerra di logoramento interno che indebolisce la possibilità del partito di crescere e di dotarsi di quella intellettualità comune e collettiva oggi carente. Per questo ha ribadito che il suo obiettivo è il superamento delle aree interne alla maggioranza. Un bilancio positivo insomma, nonostante in contemporanea Vendola definisse Rifondazione e la Federazione come un cimitero, non sapendo o temendone la vitalità. All'atto della votazione ci sono stati due documenti di minoranza (7 voti ciascuno) numerosi odg approvati all'unanimità da quello che ricorda i fatti di Genova di cui ricorre l'anniversario a quello riguardante il sostegno a Liberazione. In tal senso è da registrarsi positivamente il fatto che l'allarme lanciato al Cpn ha portato a 48 nuovi abbonamenti che debbono segnare solo l'inizio di un impegno per il giornale. E se il Cpn era cominciato sabato con un commosso ricordo di Rina Gagliardi, si è concluso con un altrettanto lungo applauso scrosciato quando il segretario ha voluto ricordare la passione e l'impegno di Ivan Bonfanti, venuto a mancare proprio due anni fa.
Liberazione 20/07/2010, pag 5
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