Cancellazione quasi totale dei dazi doganali
Matteo Alviti
Da ieri la Cina è più vicina. A Taiwan. Pechino e Taipei hanno firmato nella città cinese di Chongqing uno storico accordo economico che segna il punto più alto nei rapporti tra la Repubblica popolare e la Repubblica cinese dal 1949 - anno della presa del potere da parte dei maoisti e della fuga sull'isola di Chiang Kai-shek e dei nazionalisti del Kuomintang.
La novità principale dell'Accordo quadro di cooperazione economica (Ecfa) riguarda la cancellazione quasi totale dei dazi doganali nello scambio di centinaia di tipi di beni tra i due paesi. Una decisione che sicuramente farà crescere di molto il già intenso scambio commerciale tra Pechino e Taipei, oggi superiore a 110 miliardi di dollari - 80 miliardi di ben provenienti da Taiwan e 30 miliardi dalla Cina. Sono 539 le categorie commerciali di prodotti taiwanesi favorite dall'Ecfa, pari al 16% dell'export verso la Cina, primo partner commerciale di Taipei. "Solo" 267, invece, i prodotti cinesi esportati verso Taiwan che si avvantaggeranno dall'accordo, il 10,5% dell'export verso l'isola. L'accordo comprende anche altre agevolazioni per le imprese taiwanesi, che potranno servirsi dei servizi di banche e assicurazioni cinesi. Per effetto dell'intesa entro breve si creeranno 260mila nuovi posti di lavoro sull'isola, con un impulso previsto sulla crescita fino all'1,7% del pil.
I rapporti economici tra le due repubbliche sono ormai solidi da tempo: dal 1995 il volume delle esportazioni taiwanesi verso la Cina è letteralmente esploso. Oggi più di un milione di taiwanesi vivono in Cina e ci sono 370 voli diretti tra Taipei e Shanghai, mentre solo fino a qualche anno fa si doveva passare per Hong-Kong. Il potere di attrazione gravitazionale dell'economia cinese è irresistibile.
Da un punto di vista squisitamente economico è Taiwan ad approfittare maggiormente dell'accordo. Ma in gioco c'è di più, e si capisce anche dal luogo scelto per la firma dell'accordo. Proprio nella città di Chongqing Mao Zedong e Chiang Kai-shek tentarono di raggiungere un armistizio, fallendo. Ancora oggi la Cina continua a rivendicare l'appartenenza dell'ex colonia portoghese e giapponese alla Repubblica popolare. E l'intensificazione dei rapporti economici potrebbe aprire quella strada che sessant'anni di minacce militari - ci sono più di 1000 missili cinesi puntati su Taiwan - non hanno mai aperto. La Cina è pronta anche a perdere a qualcosa pur di riavvicinare Taipei: Pechino «può rinunciare a parte dei suoi profitti, perché i compatrioti taiwanesi sono nostri fratelli», aveva dichiarato recentemente il premier cinese Wen Jiabao.
Anche a Taiwan la politica di distensione ha trovato negli anni sempre più consensi, culminando nel 2008 con l'elezione dell'attuale presidente Ma Ying-jeou, uomo del riavvicinamento a Pechino. Per il presidente taiwanese il traguardo di ieri porterà pace e stabilità all'intera regione: «Se ne accorgeranno tutti, in particolare quei paesi che finora hanno dovuto scegliere se stare dalla parte di Pechino o di Taipei».
Ma non tutti a Taiwan giudicano l'accordo positivamente. «Il governo Ma ha schiacciato Taiwan sotto il peso politico ed economico della Cina. E questo è un danno per l'indipendenza e la sovranità di Taiwan», ha dichiarato Tsai Chi-chang, portavoce del Partito democratico progressista all'opposizione. C'è chi crede che Pechino voglia servirsi dell'Ecfa per conquistare il favore delle grandi imprese taiwanesi. Ieri sull'isola ci sono state manifestazioni di protesta, ma per i sondaggi la maggioranza della popolazione guarda con favore al riavvicinamento con Pechino.
Liberazione 30/06/2010, pag 7
Matteo Alviti
Da ieri la Cina è più vicina. A Taiwan. Pechino e Taipei hanno firmato nella città cinese di Chongqing uno storico accordo economico che segna il punto più alto nei rapporti tra la Repubblica popolare e la Repubblica cinese dal 1949 - anno della presa del potere da parte dei maoisti e della fuga sull'isola di Chiang Kai-shek e dei nazionalisti del Kuomintang.
La novità principale dell'Accordo quadro di cooperazione economica (Ecfa) riguarda la cancellazione quasi totale dei dazi doganali nello scambio di centinaia di tipi di beni tra i due paesi. Una decisione che sicuramente farà crescere di molto il già intenso scambio commerciale tra Pechino e Taipei, oggi superiore a 110 miliardi di dollari - 80 miliardi di ben provenienti da Taiwan e 30 miliardi dalla Cina. Sono 539 le categorie commerciali di prodotti taiwanesi favorite dall'Ecfa, pari al 16% dell'export verso la Cina, primo partner commerciale di Taipei. "Solo" 267, invece, i prodotti cinesi esportati verso Taiwan che si avvantaggeranno dall'accordo, il 10,5% dell'export verso l'isola. L'accordo comprende anche altre agevolazioni per le imprese taiwanesi, che potranno servirsi dei servizi di banche e assicurazioni cinesi. Per effetto dell'intesa entro breve si creeranno 260mila nuovi posti di lavoro sull'isola, con un impulso previsto sulla crescita fino all'1,7% del pil.
I rapporti economici tra le due repubbliche sono ormai solidi da tempo: dal 1995 il volume delle esportazioni taiwanesi verso la Cina è letteralmente esploso. Oggi più di un milione di taiwanesi vivono in Cina e ci sono 370 voli diretti tra Taipei e Shanghai, mentre solo fino a qualche anno fa si doveva passare per Hong-Kong. Il potere di attrazione gravitazionale dell'economia cinese è irresistibile.
Da un punto di vista squisitamente economico è Taiwan ad approfittare maggiormente dell'accordo. Ma in gioco c'è di più, e si capisce anche dal luogo scelto per la firma dell'accordo. Proprio nella città di Chongqing Mao Zedong e Chiang Kai-shek tentarono di raggiungere un armistizio, fallendo. Ancora oggi la Cina continua a rivendicare l'appartenenza dell'ex colonia portoghese e giapponese alla Repubblica popolare. E l'intensificazione dei rapporti economici potrebbe aprire quella strada che sessant'anni di minacce militari - ci sono più di 1000 missili cinesi puntati su Taiwan - non hanno mai aperto. La Cina è pronta anche a perdere a qualcosa pur di riavvicinare Taipei: Pechino «può rinunciare a parte dei suoi profitti, perché i compatrioti taiwanesi sono nostri fratelli», aveva dichiarato recentemente il premier cinese Wen Jiabao.
Anche a Taiwan la politica di distensione ha trovato negli anni sempre più consensi, culminando nel 2008 con l'elezione dell'attuale presidente Ma Ying-jeou, uomo del riavvicinamento a Pechino. Per il presidente taiwanese il traguardo di ieri porterà pace e stabilità all'intera regione: «Se ne accorgeranno tutti, in particolare quei paesi che finora hanno dovuto scegliere se stare dalla parte di Pechino o di Taipei».
Ma non tutti a Taiwan giudicano l'accordo positivamente. «Il governo Ma ha schiacciato Taiwan sotto il peso politico ed economico della Cina. E questo è un danno per l'indipendenza e la sovranità di Taiwan», ha dichiarato Tsai Chi-chang, portavoce del Partito democratico progressista all'opposizione. C'è chi crede che Pechino voglia servirsi dell'Ecfa per conquistare il favore delle grandi imprese taiwanesi. Ieri sull'isola ci sono state manifestazioni di protesta, ma per i sondaggi la maggioranza della popolazione guarda con favore al riavvicinamento con Pechino.
Liberazione 30/06/2010, pag 7
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