lunedì 12 luglio 2010

La festa, il Partito e "Liberazione"

Ripartire dai fondamentali: primo salvare il giornale

Luca Fontana*
Su Liberazione sono apparse lettere che raccontano di un'insofferenza circa il livello e le modalità della discussione dei gruppi dirigenti. E' un buon segnale. Al fondo di queste modalità deprecabili di gestione e di confronto c'è un livello di astrattezza totale: sembra che più si è in alto e da più tempo e meno si conoscono la realtà del paese e del partito. Avremmo bisogno di una rivoluzione culturale che rovesci il partito come un calzino e che rimescoli le carte; avremmo bisogno di una rieducazione nel fare dei nostri dirigenti e di una promozione sul campo di chi già fa. Con questa impostazione parto dalle cose fatte dal circolo Che Guevara.

La festa
La festa che abbiamo svolto al parco del Caravaggio è andata bene (i dati sul sito www.prcguevara.net). La cosa più interessante è il confronto con quella che abbiamo svolto, stesso periodo e stesso posto, 3 anni fa. Quest'anno abbiamo fatto una festa più grande (6 stand in più), con più compagni a lavorare (oltre 50 di cui diversi non iscritti), molto più dispendiosa di energie e di fondi (il partito non ha più strutture per le feste). Il punto fondamentale è che è venuto il doppio della gente e che l'incasso è stato superiore del 30% rispetto a 3 anni fa. Allora se un'articolazione del partito è viva e coesa non solo non vi è crisi della militanza ma questa cresce. Se vi è un lavoro costante sul territorio la gente ti riconosce e ti viene a cercare più di prima. Lo stato critico dell'organizzazione del partito non impedisce il realizzarsi delle iniziative che possono produrre ancora utili politici ed economici. Ultime considerazioni. Le giornate peggiori, anche a causa del maltempo, sono state proprio quelle dedicate al partito e al giornale: è quindi il corpo militante del partito il primo soggetto di cui prendersi cura in questa fase. Senza gambe e braccia e teste ogni impresa è destinata a fallire.

Il partito
Non è facile modificare oltre 10 anni di malagestione: le modalità nefande della guerra per bande sono entrate nelle viscere di ognuno. Ed il partito è pieno, ad ogni livello, di compagni messi lì a difendere posizioni o a segnalare una presenza. Questo impedisce la ricostruzione di una comunità solidale; ed è su questo che dobbiamo lavorare. Ma non si può fare né con i guanti né con i compromessi né con le prediche: le vecchie logiche vanno spezzate nei fatti. In compenso il partito, se questa logica è stata sconfitta, marcia meglio di prima. Il pane e la pasta a prezzi popolari, i corsi di formazione politica, la scuola d'italiano per stranieri, la diffusione di Liberazione , gli attivi tematici degli iscritti, l'attacchinaggio e il volantinaggio: l'intreccio di dibattito, pratica politica e partito sociale danno risultati. Da noi aumentano gli iscritti, aumentano i voti, aumentano la presenza e la stima nei quartieri.
Ultima notazione. Se in questo Partito siamo rivoluzionari, cioè vogliamo cambiare veramente le cose, in questa fase di crisi dobbiamo velocemente recuperare, nel segno delle rivoluzioni pacifiche latinoamericane, il senso della nostra impresa: noi dobbiamo ripetere che il capitalismo è una montagna di merda; noi dobbiamo riscoprire il nostro impegno quotidiano non come rincorsa al tema del giorno ma come metodica costruzione del movimento reale che abolisce lo stato di cose presente.

"Liberazione"
Dio Che Guevara benedica il direttore di Liberazione . Abbattere il debito e migliorare il giornale sono una realtà di cui gli saremo sempre grati. Ma abbiamo letto che ancora non basta (è uno schifo che, mentre noi militanti ci si fa in 4 per vendere una copia in più, ci siano solo 4 componenti del Cpn che si siano abbonati a Liberazione ). Il giornale lo vorremmo solo un po' più aggressivo perché sulle strade sta scorrendo il sangue dei lavoratori. Alcuni spunti: che il capitalismo è una montagna di merda lo scriverei tutti i giorni sotto la testata e metterei il simbolo di Rifondazione sempre in alto a destra.
Quest'anno abbiamo diffuso Liberazione tutti i venerdì e i sabati ai mercati e le vendite sono aumentate: il giornale piace. Abbiamo ricominciato a fare la distribuzione del giornale casa per casa e molti compagni ci sono venuti a trovare alla festa. Abbiamo fatto 4 abbonamenti tra cui il nostro circolo e un circolo di Reggio Calabria (come forma di solidarietà).
Il prossimo anno il nostro impegno sarà tutto volto alla salvezza del giornale. Rivolgiamo un appello a tutti i compagni di base che sono stufi di riunioni inconcludenti e di schermaglie correntizie: mettiamoci insieme a lavorare per Liberazione . E' una cosa necessaria per non perdere la nostra unica voce sul territorio nazionale. Inventiamoci dei comitati di salvezza di Liberazione città per città, paese per paese, che ricomincino con la distribuzione militante e con l'abbonamento dei propri componenti; che facciano tornare il giornale nei quartieri proletari o dove siamo scomparsi; che organizzino confronti e cene di autofinanziamento; che curino la vendita di Liberazione ai compagni iscritti; che sollecitino abbonamenti. Perché se c'è una cosa di cui possiamo andare fieri è il tentativo di salvarlo; se c'è una cosa di cui possiamo essere orgogliosi è che è l'unico quotidiano che fa vivere e vedere e scoprire le lotte; se c'è una cosa per cui vale faticare è salvare Liberazione .
Nel paese c'è spazio e attesa per la presenza organizzata dei comunisti. Se questa è ben guidata ed organizzata ottiene risultati. Va abbattuta la logica di selezione dei gruppi dirigenti in base alle fedeltà e non in base alle capacità e all'impegno, promosso il lavoro dei circoli e, soprattutto, bisogna aver cura dei militanti di base. Va salvato il giornale come priorità assoluta di lavoro politico. E' il momento dei fondamentali. Tutte queste cose vanno fatte e non predicate. Adesso; si può.
*segretario circolo "Che Guevara", Roma

Liberazione 02/07/2010, pag 10

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