lunedì 12 luglio 2010

Non saremo più schiavi

In provincia di Latina ci sono moltissimi lavoratori indiani di origine sikh e la maggior parte di loro lavorano in agricoltura nelle grandi campagne di raccolta e nelle tante serre che ci sono. Anche io sono uno di loro e sono venuto in Italia con la mia famiglia nel 2001.
Proveniamo tutti dalla stessa parte dell'India, il Punjab, una regione molto povera che si trova a nord-ovest del paese e che confina con il Pakistan.
Siamo venuti in Italia perché ci avevano detto che qui c'era lavoro e che si potevano guadagnare molti soldi. In India abbiamo parlato con delle persone che ci hanno detto che se pagavamo potevamo avere un permesso di soggiorno, un contratto di lavoro e una casa dove stare. Molti di noi si sono venduti tutto, la casa ma anche le mucche e altri animali. Abbiamo pagato tra i 2mila e i 5mila euro, chi più chi meno.
Quando siamo arrivati all'aeroporto di Fiumicino altre persone indiane erano lì ad aspettarci. Ci hanno portato a Latina o in una delle tante cittadine della provincia. Ci hanno dato un foglio di carta e ci hanno detto che quello era il nostro permesso per restare in Italia. Poi sono spariti. Della casa che ci hanno promesso non abbiamo visto nemmeno l'ombra. Del lavoro tantomeno. Abbiamo trovato un rifugio a casa di altri nostri connazionali, che vivono a decine in degli appartamenti o in casolari abbandonati.
Qualche giorno dopo sono venuti a cercarci e ci hanno offerto un lavoro nei campi. Sul foglio che ci avevano dato c'era scritto però che dovevamo fare i badanti per delle persone anziane. Molto tempo dopo abbiamo scoperto che quelle persone anziane erano morte o non sapevano che noi, sulla carta, lavoravamo per loro. Abbiamo cominciato a capire di essere stati truffati.
Il lavoro nei campi è molto duro ma non ci lamentiamo per questo. All'inizio ci davano 3,50 euro l'ora. A noi sembrava giusto così, perché nel nostro Paese c'è molta povertà. Poi hanno cominciato a pagarci ancora di meno, 2 euro l'ora. Ci dicevano che c'era la crisi e che, quindi, non avevano i soldi per pagarci.
A qualcuno di noi, nel frattempo, è scaduto il permesso di soggiorno. Per rinnovarlo gli hanno chiesto altri 2mila euro. Nessuno di loro ha questa cifra e allora hanno pagato con il loro lavoro.
Come se non bastasse molte volte siamo oggetto di atti razzisti da parte degli italiani della zona. Ci tirano le cose dalle macchine in corsa quando la sera torniamo dal lavoro nei campi e magari stiamo camminando o in bicicletta ai bordi di strade molto pericolose e insicure. Altre volte, invece, la polizia arriva nelle nostre case nel cuore della notte, buttano giù le porte, svegliano e impauriscono i nostri bambini e ci caricano su dei pullmini per portarci in Questura. Vogliono cacciarci ma la maggior parte di noi ha un permesso di soggiorno, anche se - come ho detto prima - è finto.
Loro non vogliono scoprire chi ci ha venduto il permesso di soggiorno, chi ci ha truffato e chi ci sfrutta. Vogliono solo tante persone da mandare via, per dimostrare che l'Italia non ammette la presenza di stranieri clandestini. Un giorno sono venuti a trovarci quelli del sindacato della Flai-Cgil. Ci hanno chiesto di raccontargli come lavoriamo, quanto ci pagano e dove viviamo. All'inizio non capivamo chi fossero. Nel nostro Paese non avevamo mai sentito parlare del sindacato e ignoravamo cosa fosse. Non ci siamo fidati subito. In fondo gli italiani a noi per ora ci hanno sempre e solo sfruttato o trattato male. Poi abbiamo capito che stavano dalla nostra parte e che ci volevano aiutare. Ci hanno detto che per le regole del contratto avremmo dovuto guadagnare 8 euro l'ora. Abbiamo capito, quindi, che fino ad allora eravamo stati sfruttati.
Lo scorso 29 maggio a Latina, insieme alla Flai e alla Cgil, siamo scesi per la prima volta in piazza per protestare contro lo sfruttamento e il lavoro nero. Dovevamo essere migliaia ma solo seicento persone si sono presentate all'appuntamento. Quelli che sono rimasti nelle loro case hanno avuto paura. Paura di essere presi dalla polizia e di essere mandati via, come tante volte è già accaduto. La manifestazione, però, è stata un fatto storico. In molti ci hanno detto che a Latina nessuno aveva mai fatto una cosa del genere.
Adesso siamo tutti un po' più consapevoli di quello che ci succede ogni giorno e abbiamo capito che possiamo rivolgerci al sindacato. Dopo la manifestazione tantissimi lavoratori indiani sono andati nella sede della Cgil per chiedere informazioni, un supporto legale e un aiuto. Il prossimo 12 luglio andremo a Borgo Hermada, dove ci saranno i sindacalisti della Flai pronti a ricevere le nostre denunce. Da quando ci siamo affidati a loro qualcosa sta già cambiando. Adesso ci pagano 5 euro l'ora, sempre al di sotto del contratto ma comunque sempre meglio di 2 euro. E' successo, inoltre, che le forze dell'ordine si siano presentate nelle nostre aziende. Per una volta non cercavano noi, ma volevano controllare che non vi fossero lavoratori in nero e che tutto fosse in regola. Qualcosa si sta muovendo. Forse domani non saremo più degli schiavi. Per ora, però, non posso dirvi il mio nome perché temo ritorsioni.
Testimonianza raccolta da Lorenzo Rossi Doria

Liberazione 08/07/2010, pag 13

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