Il premier Kan rischia la sconfitta a poche settimane dall'insediamento
Matteo Alviti
Si riaprono le urne, oggi in Giappone, per il rinnovo di metà dei seggi della camera alta. Nelle elezioni di "medio termine" a rischiare di più, dicono i sondaggi, è il neo primo ministro Naoto Kan e il suo Partito democratico, al governo dal settembre del 2009 dopo cinquant'anni di maggioranze liberal-conservatrici.
Secondo i dati più recenti pubblicati dai maggiori quotidiani del paese, l'attuale maggioranza sarebbe sotto al 50% delle preferenze e potrebbe conquistare non più di 50 dei 121 seggi a disposizione. Un risultato perfino inferiore ai 54 seggi su cui ora fanno affidamento i Democratici, e che metterebbe in difficoltà la coalizione con il piccolo Nuovo partito popolare.
A un mese dalla sostituzione del fallimentare Hatoyama con il suo ministro delle finanze Naoto Kan - diventato a giugno il quinto primo ministro giapponese negli ultimi tre anni - già si preannuncia dunque una nuova battuta d'arresto per i Democratici, dopo gli scandali per la corruzione e il cambio al vertice del partito del mese scorso. E il futuro non sembra meno turbolento. Se Kan rimanesse sotto i 50 seggi, il suo potere sarebbe probabilmente troppo indebolito per resistere agli attacchi dello "shogun nell'ombra", il potentissimo ex leader democratico Ichiro Ozawa, per ora fuori dalle cariche importanti, ma avversario di Kan per la giuda del partito nelle elezioni di settembre.
Eppure l'attuale premier - il primo da oltre un decennio a non provenire da una dinastia politica o industriale - aveva potuto contare fino a poco fa sul favore popolare. Subito dopo la nomina Kan aveva fatto segnare nei sondaggi, per sé e i Democratici, una ripresa che lasciava ben sperare. Poi è venuta la proposta tabù del suo ministro delle finanze: alzare l'iva sui consumi - scelta che già nel 1997 fece sprofondare il paese in una grave recessione -, addirittura dal 5% al 10%. E l'indice di gradimento dei Democratici è ripiombato, mettendo inoltre in crisi l'alleanza con i Nuovi popolari, favorevoli a politiche di spesa. Kan non è stato in grado, dicono i critici, di comunicare un'idea credibile di riordino della spesa pubblica fuori controllo.
Un risultato chiaramente negativo potrebbe far traballare la poltrona del premier. Ma comunque vadano le cose, il governo rimarrà in mano ai democratici, che contano su una larga maggioranza nella camera bassa. Non abbastanza larga però da superare i due terzi di deputati necessari per far passare le leggi senza l'approvazione della camera alta. E qui le cose si complicano: la perdita della maggioranza nella camera alta costringerebbe i Democratici al compromesso. Eventualità che complicherebbe la ripresa economica dopo la crisi.
L'economia del Giappone soffre alcuni gravi problemi strutturali. Il più importante di tutti è proprio l'enorme debito pubblico, ufficialmente vicino al 200% di un pil da 5mila miliardi di dollari all'anno - un primato, in percentuale debito/pil, superato solo dallo Zimbabwe. Anche se in realtà il debito reale è più basso di quello nominale - comunque non inferiore al 113% del pil. Quel che non ha ancora fatto scivolare il paese nelle mani degli speculatori internazionali sul mercato dei bond, è il fatto che circa il 95% del debito è nelle mani dei giapponesi stessi. Il che permette di tenere artificialmente bassi gli interessi sui titoli di stato. Almeno finché il mercato degli investimenti rimarrà limitato com'è ora.
Liberazione 11/07/2010, pag 6
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