lunedì 12 luglio 2010

Polonia, l'europeista Komorowski batte il nazionalista Kaczynski

L'Ue tira un sospiro di sollievo. Ma per l'ex premier è un successo

Matteo Alviti
Berlino
La Polonia ha un nuovo presidente. Bronislaw Komorowski è stato eletto al ballottaggio di domenica con più del 52% dei voti. Il suo rivale, Jaroslaw Kaczynski, si è fermato solo cinque punti più sotto. La gara fra conservatori si è conclusa con la vittoria della destra liberale della Piattaforma Civica al governo, che ha sconfitto di misura quella populista del gemello sopravvissuto al tragico incidente aereo di Smolensk, in cui lo scorso aprile hanno perso la vita Lech Kaczynski, allora presidente in carica, e altre 95 persone.
Komorowski - storico di formazione, sposato, padre di cinque figli, ex presidente del parlamento, ex ministro della difesa, arrestato più volte negli anni '70 per aver partecipato a manifestazioni contro il governo polacco - da presidente ha subito dichiarato di voler unire quel paese diviso. «Le divisioni sono parte inseparabile della democrazia. Ma dobbiamo fare in modo di assicurarci che non impediscano il lavoro comune», ha detto il neopresidente cinquantottenne.
Lo sfidante Kaczynski non si è fatto un gran cruccio della sconfitta. E anzi ha chiarito che secondo lui quello lasciato nelle urne dal 55% di elettori polacchi che hanno partecipato al ballottaggio è un ottimo segnale, una «grande prova» per il futuro. Sia per le prossime elezioni locali, che per quelle dell'anno prossimo, quando Diritto e giustizia sfiderà l'attuale maggioranza nel rinnovo del parlamento nazionale.
Ora è il tempo delle riforme, chiedono ad alta voce in tanti. Il ticket composto da primo ministro e presidente, entrambi membri del partito di maggioranza Piattaforma Civica, teoricamente non avrebbe ostacoli. E' caduto infatti il freno costituzionale costituito da un presidente avversario politico, pronto a bloccare qualsiasi tentativo di modernizzare il paese. Durante la presidenza del defunto Lech Kaczynski era accaduto con una certa frequenza: dalla fine del 2007, quando il primo ministro liberale Donald Tusk è entrato in carica, il gemello fondatore di Diritto e giustizia si è appellato per ben diciotto volte al veto presidenziale.
Ma di quali riforme e quale modernizzazione si sta parlando? Quelle che liberalizzeranno il mercato del lavoro, riducendo lo spazio dello stato sociale. «Dobbiamo spendere in maniera ragionevole», ha detto il premier Tusk. Seppure la Polonia è stato l'unico paese europeo a non scivolare in recessione l'anno passato, il paese vive un periodo di difficoltà economica, con un deficit al 7% e il debito pubblico in crescita, al 55%. Ieri dal mercato sono arrivati segnali positivi per l'elezione di Komorowski, con la moneta nazionale, lo zloty, che ha recuperato il terreno perso nei giorni precedenti alle elezioni.
In realtà non sono pochi i commentatori a sospettare che il treno delle riforme non procederà tanto spedito, con la stazione delle prossime elezioni nazionali già in vista. E con l'opposizione ferma del piccolo partito degli agricoltori, alleato di governo, contrario a ogni riforma delle pensioni. Prima snellire la burocrazia, ha ammonito il presidente del partito di coalizione, il ministro dell'economia Waldemar Pawlak. In un paese che ha sofferto non poco l'euforia liberista seguita all'Ottantanove, le riforme richieste dall'Ue e dagli investitori non godono grande popolarità. Tusk lo sa. E presto dovrà decidere cosa fare per non riconsegnare il paese in mano alla destra populista e anti-europea di Diritto e giustizia. In attesa che la sinistra ritrovi un'identità.

Liberazione 06/07/2010, pag 7

Nessun commento: