mercoledì 21 luglio 2010

"Gabi" contro Golia. Librerie indipendenti in lotta per la vita

Due libraie raccontano: specializzazione e idee non bastano a quadrare i conti

Carla Cotti
«Ogni volta che una libreria indipendente chiude, se ne va un pezzo di democrazia», dice Marinella Zetti. La libreria Gabi, a via Gabi, un passo da piazza San Giovanni, a Roma, ha finito l'ossigeno. La dead line è vicinissima: fine settembre. La libreria com'è oggi è il frutto di un doppio sogno, un doppio salto mortale: di Marinella e della sua compagna, Flaminia Paolucci Mancinelli. Dieci anni fa vivevano a Milano: una bella casa-studio, due belle carriere, benessere. Marinella giornalista specializzata in nuove tecnologie (una pioniera, premio Smau alla carriera nel '93), Flaminia più eclettica: studi di teologia e filosofia, fotografia, sceneggiature per il cinema e la tv, un romanzo (Gli insofferenti, pubblicato da Gremese), alcuni racconti, cura e redazione di riviste, webmaster, collaboratrice del Sole 24 ore. E anche, per alcuni anni, direttrice di una libreria del gruppo Arion, il network di librerie indipendenti romane, e ideatrice e curatrice del periodico del gruppo, Il segnalibro. Per Flaminia evidentemente il fuoco si accende lì: poi conosce Marinella, lascia Roma per raggiungerla, si dedica ad altro (salvo una breve collaborazione con la libreria Duomo), ma quello cova sotto la cenere. La scintilla è un annuncio su Porta Portese on line: «Leggo: vendesi libreria, 350 metri quadri. Chiamo Marinella, le dico: pensa alle cose che si potrebbero fare in uno spazio così…». Detto fatto: informazioni, visita a Roma, trattativa, acquisto. Venduta intrepidamente la casa di Milano, investiti i risparmi, il progetto prende forma. «Io avevo fatto politica per anni con il Partito radicale delle origini, la lotta per la contraccezione e l'aborto con il Cisa. E le prime battaglie omosessuali nel Fuori», racconta Marinella. «Poi, quando il partito radicale ha cambiato pelle, mi sono impegnata nell'Asa, l'Associazione solidarietà Aids, la prima esperienza di auto aiuto contro la sindrome in Italia». «Anch'io vengo da un'esperienza forte di volontariato, i pionieri della Croce Rossa: quelli che si sporcano le mani»: questa è Flaminia. Ecco l'idea della libreria: «Volevamo creare un ambiente… etero friendly. Che si rivolgesse alla comunità glbtiq, ma fosse aperta al quartiere. E che promuovesse attività e iniziative, avesse un ruolo sociale e culturale». Fa eco Marinella: «Un luogo accogliente, in cui i libri si vendono, certo, ma anche si consigliano su misura, si discutono, non sono scatole di pomodoro come nelle grandi catene».
Oggi, a sei anni di distanza, la libreria è articolata in modo da realizzare quel progetto: entri, e sei in un grande ambiente vecchio stile, con tavoli e scaffali sobri, luce naturale, libri non assiepati. Due spazi paralleli e gemelli: quello delle novità a prezzo pieno e quello delle proposte al 50 per cento di sconto: «titoli introvabili, salvati dal macero, scelti e recuperati da noi uno per uno: perché oggi, nel mercato editoriale italiano, un mercato drogato, la vita media di un libro non supera i due mesi». Più avanti, sotto un'enorme bandiera rainbow, ci sono gli scaffali dedicati alle piccole case editrici gay e lesbiche: «la crisi si sente. A loro proponiamo di mandarci le copie in deposito, ma negli ultimi tempi moltissimi non ce la fanno ad andare avanti con le pubblicazioni». Poi lo spazio dibattiti, cinquanta posti, che ha ospitato decine e decine di presentazioni, le riunioni organizzative dell'ultimo Roma Pride, i gruppi di auto aiuto "da donna a donna" (tra gli altri quello sulla scrittura come autoterapia), il cineforum. Più appartata l'aula per i corsi (quello di disegno in bianco e nero ha lasciato le tracce più belle), e altri piccoli spazi pronti a ospitare studi o associazioni. Un angolo è riservato alla cosmesi naturale e affidato a un erborista («serio, dei pochi che preparano anche personalmente le erbe»), autore di due manualetti di consigli curati e stampati "dalle Gabi" (il nome della libreria si è ormai attaccato addosso alle proprietarie), che, ebbene sì, nel 2009 hanno inaugurato anche un'attività editoriale in proprio, oltre a promuovere un premio letterario e pubblicare due riviste sul web:"Leggere on line" e "Queer News World". E stanno organizzando la miriade di attività che ruotano intorno alla libreria nell'associazione culturale "Il nido della Fenice" (il periplo completo delle iniziative sul sito www.libreriagabi.it). «Tutto questo senza mai un euro di finanziamento da nessuno, solo con i soldi e le energie mie e di Flaminia», dice Marinella. «Soldi ed energie che stanno finendo».
Ma cos'è che non ha funzionato? Perché l'impresa di trasformare un'attività già avviata arricchendola di nuovi contenuti non è stata possibile senza mandare in rosso i conti? "Le Gabi" individuano qualche handicap iniziale («Ci siamo accorte di aver pagato la libreria più del suo valore»), ma hanno ben chiaro che il problema è molto più vasto, e le sovrasta. «In Italia le librerie indipendenti, come le piccole case editrici indipendenti, sono strangolate da due colossi: Mondadori e Feltrinelli. Loro pubblicano, distribuiscono e vendono attraverso le loro catene. Fanno i prezzi che vogliono. Promuovono in tv i titoli che vogliono. E' un duopolio, una dittatura culturale. Che decide cosa dobbiamo leggere, quindi cosa dobbiamo pensare, immaginare. Chi sta fuori è schiacciato. In questi giorni si parla tanto della legge bavaglio. Anche questo è un bavaglio, di cui invece non parla nessuno».
Ma chi decide di lanciarsi in un simile campo minato non lo sa? Non dovrebbe essere preparato? Risponde Flaminia: «Lo eravamo. Ma le cose sono peggiorate moltissimo negli ultimi anni. Un esempio? La Feltrinelli ha da poco comprato la Pde: nasceva come una cooperativa di distribuzione messa su da piccoli editori, in grado di seguire i titoli uno per uno. Ora sarà solo un pezzo del grande ingranaggio. Un altro? Bol, la megalibreria on line, che è di Mondadori, ormai offre due, tre libri per pochi euro. Perché un lettore non dovrebbe approfittarne? La Feltrinelli invece sta promuovendo con Repubblica l'iniziativa ilmiolibro.it: rivolta a tutti quelli che hanno un libro nel cassetto, inizialmente proponeva solo la possibilità di stamparlo, poi di pubblicizzarlo e venderlo on line, ora l'ultima novità: venderlo nelle librerie Feltrinelli». Il cerchio si chiude, lettore e potenziale autore vengono attratti nell'orbita esclusiva delle grandi catene, tagliando l'erba sotto i piedi dei piccoli, editori e librai. «Non solo», rincara Marinella, «ormai i colossi stampano, anche per conto terzi, senza alcun rischio, sulla base delle copie prenotate in anticipo, sostenendo reciprocamente i rispettivi best seller. E tengono in ostaggio l'intero mercato». Su tutto infuria la guerra dei prezzi. Flaminia: «La prima cosa che ci chiedono i clienti è lo sconto. Per forza: qui in zona, sulla via Appia, ci sono tutti e due: Feltrinelli e Mondadori. Le loro promozioni arrivano fino al 30 per cento. Come possiamo competere noi?». Marinella: «Inge Feltrinelli (Giangiacomo si starà rivoltando nella tomba) ha detto che le cose stanno così. Le librerie indipendenti possono sopravvivere solo se si specializzano. Per esempio la Libreria del mare, o quella dedicata ai viaggi. Come se le catene non avessero grandi reparti di guide turistiche. E lei non sapesse che è difficile per il lettore traversare la città all'inseguimento dei piccoli punti vendita molto specializzati». Le Gabi comunque hanno puntato chiaramente alla specializzazione («Chiusa la libreria Babele di Roma, resta quella di Milano che ha appena cambiato gestione, Altroquando di Palermo, le Maree di Napoli: siamo in quattro in tutta Italia a rivolgerci alla comunità glbtiq. Ma tre quarti del movimento romano fino a qualche tempo fa non ci aveva ancora scoperto: soldi per farci pubblicità non ne abbiamo mai avuti»), senza rinunciare al mix con una clientela più generica, di quartiere («Riuscito: alla serata di solidarietà con la libreria, organizzata con un gruppo di attrici romane lunedì scorso, c'era un pubblico davvero eterogeneo»).
Nonostante questo la libreria sta precipitando verso la chiusura. I tempi per salvarla sono strettissimi. Cosa si può fare? Cosa chiedono "le Gabi"? «Soldi per pagare l'affitto pregresso, in modo da bloccare lo sfratto, e il debito con i due principali fornitori. Perciò abbiamo aperto una sottoscrizione. Chiediamo a chi ha a cuore la nostra battaglia di destinare alla libreria il costo di una pizza. Ma anche il contributo minimo di uno studente è importante. Poi, certo, se spuntasse qualcuno disposto a lavorare con noi. E un finanziatore onesto…» dice Marinella. Le amarezze nell'ultimo anno non sono mancate: «Si sono fatti avanti un paio di pescecani, tra i quali un nome noto del movimento glbtiq: dopo mesi di promesse abbiamo capito che l'idea era quella di farci fallire per prendersi le idee e lo spazio». Mesi in cui la situazione economica si è aggravata. Per questo c'è urgenza: si moltiplicano le iniziative di solidarietà, c'è l'appello da firmare on line. «Che sta raccogliendo molti consensi, siamo grate a tutti», dice Flaminia. «Ma, devo dirlo, c'è il rischio che la solidarietà rimanga solo virtuale. Se così fosse, a fine settembre chiudiamo».
Appena il tempo di dire in bocca al lupo alle Gabi, e arriva una mail dall'Associazione librai italiani: la legge contro lo sconto selvaggio, da anni invocata dagli indipendenti, è stata approvata in commissione alla Camera. Si apre uno spiraglio importante per molti minicentri di irradiazione culturale. Ma tutti gli altri problemi restano aperti: in attesa dell'approvazione definitiva in Senato, bisogna riuscire a sopravvivere.

Liberazione 17/07/2010, pag 8

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http://www.libreriagabi.it/

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