lunedì 12 luglio 2010

Facciamo presto, il tempo che abbiamo è lungo un respiro

Dino Greco
Arriviamo a discutere tardi, mi auguro non troppo tardi, di Liberazione che rischia grosso malgrado la cura da cavallo che le è stata somministrata per abbattere, in un tempo straordinariamente breve, la montagna di debiti accumulati. Una cura che ne ha impedito la morte, ma che l'ha debilitata, come vedremo. Al punto che ora basta una corrente d'aria per beccarsi una polmonite dagli effetti letali. Ed essendo la nostra casa piena di spifferi questa eventualità è tutt'altro che remota, se non si interviene subito e con rimedi efficaci, troppo a lungo trascurati.
Vorrei subito dire che stiamo parlando del giornale, ma non solo. Perché dovrebbe (dovrebbe…) essere a tutti evidente che il venir meno del solo nostro strumento che quotidianamente arriva nelle edicole di (quasi) tutto il Paese e buca (diciamolo con una certa generosità) l'uniformità della coltre mediatica, sarebbe un pessimo segno per il partito: una campana che suona a martello.
Torniamo all'origine del nostro problema. Ve ne ha dato conto Sergio Boccadutri. Nel 2008 lo sbilancio nell'esercizio corrente è stato di 3,2 milioni. Da settembre dell'anno successivo è entrato in vigore il contratto di solidarietà che ha potuto produrre (finanziariamente) la propria efficacia solo per 4/12 dell'anno, contribuendo tuttavia a ridurre della metà la perdita di esercizio.
La previsione per il 2010, fondata su un'analisi previsionale dei conti compiuta in tempo reale, dice che a fine anno il deficit dovrebbe ridursi a 300mila euro.
Ora, vediamo, partitamente, come si è potuto conseguire questo risultato (1), a quale prezzo (2), perché non si è potuto andare oltre (3), e cosa è indispensabile fare in tempi molto, molto contenuti (4), pena la chiusura del giornale, assunto che il partito non dispone di risorse da destinare a Liberazione .

1) I contratti di solidarietà hanno ridotto del 50% il costo del lavoro. Quindici redattori si avvicendano con altri quindici ogni due settimane. La foliazione del giornale è stata drasticamente ridimensionata (12 pagine, 16 domenicali con uno "speciale" monotematico e altrettante a giovedì alterni con l'inserto periodico Lotte ), rispetto alle 20 precedenti (24 domenicali).
Le copie stampate e distribuite nelle edicole sono passate da 50 a 35mila e in tre regioni (le isole e la Calabria) il giornale non arriva più.
Il giornale anticipa la chiusura alle 20.30, con un cospicuo contenimento dei costi di stampa. Due terzi delle collaborazioni onerose sono state sospese o risolte.
Analoga contrazione hanno subito le trasferte dei giornalisti.
Ci si è imposti un rigoroso regime di controllo di ogni voce di spesa.
Sarà bene tenere presenti - nel prosieguo della discussione - tutti questi elementi, nelle parti e nell'insieme. Perché è in questo contesto che quotidianamente si produce la fatica di realizzare e mandare in edicola il giornale.

2) Gli interventi sopra riassunti hanno comportato dei prezzi evidenti, dei quali occorre avere piena contezza. A partire dal fatto che la divisione secca del corpo redazione in due gruppi che, nei fatti, non si incontrano, genera fatalmente elementi di discontinuità nella fattura del giornale, senza parlare della difficoltà di mantenere integri, in ciascuno dei gruppi, i servizi di cui si compone il giornale medesimo.
Ancora: l'organico, al netto delle ferie, dei riposi compensativi, delle malattie si riduce sensibilmente talvolta condizionando vistosamente le scelte editoriali. Va da sé, in ogni caso, che avere a disposizione uno spazio di 12 pagine, con le attuali caratteristiche (un altro formato, ed un'altra soluzione grafica, per ragioni di costi, non sono neppure pensabili) comporta scelte drastiche degli argomenti trattati e quotidiane, talvolta dolorose amputazioni. L'inchiesta, ad esempio, strumento fondamentale per produrre approfondimenti e dare conto di fatti e realtà sociali altrimenti trascurate, comporterebbe la possibilità di stare "sul campo" e con continuità: un lavoro che non può certo essere surrogato dalla consultazione delle agenzie.
Ci sono aree, territori, edicole dove il giornale non arriva. Questo disaffeziona una parte dei lettori che rinuncia a mettersi alla ricerca del giornale: nel passaggio - fra agosto e settembre dello scorso anno - dalle 50 alle 35mila copie, abbiamo registrato, istantaneamente, una perdita di molte centinaia di copie vendute.
La chiusura anticipata del giornale, poi, impedisce di intercettare le notizie che arrivano in prima serata. Talvolta senza conseguenze, talaltra pagando dazio. Inoltre, concentrare la produzione del giornale in tempi ridotti comporta un controllo dei testi relativo, abbondano i refusi, ne risente la stessa qualità estetica del prodotto.
Ciondimeno, non abbiamo perso, dal 16 gennaio del 2009, un solo giorno. Quotidianamente, la prima pagina è ben visibile pressoché in tutte le rassegne stampa televisive.
In questa situazione è stato aperto, dopo una complessa gestazione, il sito web di Liberazione .
Da febbraio abbiamo un giornale on-line che registra, quotidianamente, 4-5 mila contatti unici. Il giornale telematico riproduce solo parzialmente testi del cartaceo, ma prova - in modo ancora insufficiente e lacunoso - a "stare sulle notizie", solo quelle prescelte, seguite, per quanto possibile, nel loro sviluppo temporale. Contiene anche foto e video, spesso autoprodotti, in altre occasioni mutuati da altri siti. Da un sondaggio, fatto attraverso il sito, abbiamo potuto ricavare che le persone che si connettono con liberazione.it acquistano il giornale cartaceo in misura limitata. Ciò significa che attraverso il web abbiamo intercettato interlocutori (gli articoli sono commentabili da chi legge) in buona parte diversi dai lettori del cartaceo.
Nella voce "ricavi", la sola buona notizie, in sia pure parziale controtendenza, è la pubblicità, tornata a crescere (anche grazie a qualche personale impegno) per riannodare fili spezzati o canali mai sondati, dopo il tonfo dello scorso anno.
Se è così dove sta il punto? Qual è la ragione (al netto delle incognite legate alla conferma del finanziamento pubblico) delle perduranti difficoltà?
Il nodo sta nelle vendite, che non decollano. E negli abbonamenti, che sono meno di quelli che fa normalmente una parrocchia di quartiere di una media città. E non ci consola il fatto che vendiamo più copie del Secolo o del Riformista .
Ci si può nascondere dietro l'oggettiva esilità del nostro foglio (le 12 pagine costringono una parte dei nostri lettori ad acquistare un secondo giornale). Ma questa è la verità.
Perché per la nostra comunità Liberazione è il solo canale quotidiano di comunicazione che abbiamo, la cui proposta culturale e politica non mi pare sia al di sotto del livello di elaborazione prodotta dal partito.
Voglio dire che esso rappresenterebbe uno strumento utile di documentazione, controinformazione, dibattito, se venisse utilizzato come tale dalle federazioni e dai circoli.
Invece permane quel cortocircuito partito-giornale che ha antiche, ma persistenti ragioni. Allora conviene venire in chiaro e dirsi le cose come stanno anche se risulteranno spiacevoli, purché ci aiutino a liberarci di ruggini e consentirci di compiere un passo avanti.

3) Esaminate attentamente i rapporti che trovate nella documentazione che vi è stata consegnata.
Ci siamo detti più volte quanto siano importanti gli abbonamenti, ma fra i membri del Cpn ne contiamo soltanto 4, e non si vede con quale convinzione dirigenti che non si abbonano possano convincere a farlo gli iscritti, i circoli. Certamente saranno molti di più coloro che acquistano il giornale in edicola, ma l'abbonamento assicura al giornale denaro fresco e in anticipo.
Oltretutto, l'abbonamento con coupons consente di acquistare quotidianamente il giornale in edicola, evitando i noti inconvenienti dell'abbonamento postale.
Le vendite fanno seguire un andamento fortemente diseguale da territorio a territorio. Si va da un rapporto fra copie distribuite e copie rese del 53% ad uno del 93%. Ci sono zone dove il 1° maggio non si vende una copia di Liberazione . Il compagno Jorfida ci dice (e ci documenta) come un modesto, uniforme sforzo consentirebbe, immediatamente, un incremento delle copie vendute tale da mettere economicamente in sicurezza il giornale.
La diffusione: o la si organizza direttamente dalla redazione, in rapporto con le articolazioni periferiche del partito e in rivelatore ad eventi particolari, oppure nella maggior parte dei casi non la si fa, se non per l'iniziativa di alcuni circoli che non ne hanno perso l'abitudine e che raccolgono ottimi risultati. C'è un caso, rilevatore: a Roma, da un anno a questa parte, si sono svolte almeno venti manifestazioni di ogni genere e tipo. In quasi tutte è stata garantita la diffusione di Liberazione , ricorrendo a cooperative a pagamento perché non si è mai riusciti ad organizzare la seppur minima, diffusione militante.
Nelle feste di Liberazione, Liberazione spesso non c'è. Non vi si trova allestito uno stand, non è previsto un dibattito.
Così il giornale muore, ad onta degli sforzi e, mi sia permesso di sottolinearlo, malgrado lo straordinario sforzo di risanamento finanziario realizzato in meno di 18 mesi.
Ora, è nella consapevolezza di tutti che il partito non è in grado di coprire altri disavanzi, per quanto così ridotti, con denaro fresco. Perché non ne ha. Tuttavia, arrenderci ora, o immaginare che si possa sopravvivere continuando a segare i rami della pianta, ivi compreso quello su cui si siede, significa soltanto prolungare l'agonia. Non c'è azienda che si sia mai salvata solo tagliando i costi senza anche, e soprattutto, investendo (scommettendo) su se stessa. La sindrome depressiva non è il carburante per nessun cambiamento.
Mi si dice che c'è sempre stato un rapporto costante nel tempo fra iscritti e copie vendute, una sorta di proporzione fisiologica difficile da alterare. Sarà certo così, ma quel rapporto è una serie storica, non un dato di scienza. E neppure un sortilegio cabalistico. Non è detto non lo si possa cambiare. Capisco che questa fase della vicenda politica non autorizza ottimismo, ma se non ci crediamo, se non ci proviamo, non facciamo che trasformarci in banditori di una "profezia (infausta) che si autodetermina".

4) Insomma, serve uno scatto generale, dal centro alla periferia, necessario e possibile, nell'interesse del partito, non solo di Liberazione .
Vediamo cosa si può fare.
Qualche settimana fa si è incaricato il compagno Jorfida di contribuire a ritessere una trama organizzativa strutturata ed efficace fra giornale e partito. Jorfida ha già prodotto un'analisi molto dettagliata delle nostre criticità (si vedano i due documenti che vi sono stati consegnati), ha formulato diverse proposte e, soprattutto, ha "praticato l'obiettivo", dimostrando come non sia una missione impossibile favorire/implementare la vendita del giornale.
Su quelle ed altre proposte credo indispensabile organizzare, nell'arco temporale di un mese, tutti gli attivi regionali.
Un primo segnale deve venire dal gruppo dirigente: cominci ad abbonarsi a Liberazione tutto il Cpn. Si promuova una campagna che investa tutti i circoli, gli iscritti, prevedendo la possibilità di pagamenti rateizzati, anche mensili. Si contattino le strutture sindacali, le realtà associative, i circoli culturali: 500 nuovi abbonamenti entro l'estate non sono un traguardo velleitario.
Siamo alla vigilia di una nuova stagione di feste di Liberazione. Facciamo in modo che in tutte sia allestito uno stand del giornale, che lì si espongano mostre, come quella realizzata un anno fa dai nostri compagni della Sata di Melfi che hanno riprodotto ed esposto davanti alla fabbrica una ventina di pannelli che riproducevano le prime pagine di Liberazione dedicate alle lotte e ai temi del lavoro.
Prevediamo, da subito, nei programmi dei dibattiti anche un confronto sui temi dell'informazione, sul rapporto giornale-partito. Proponiamo alle federazioni l'acquisto di stock di coupons, da rivendere a chi ne facesse richiesta in pezzature corrispondenti ad una domanda diversificata (anche per 2, 3, 4 giorni la settimana).
Organizziamo incontri, cene, per discutere di politica e raccogliere fondi da trasformare in abbonamenti da destinare a strutture, luoghi di lavoro, centri sociali che non possono permettersi esborsi di denaro.
Ricominciamo a praticare la diffusione militante, la domenica. E poi in occasione degli scioperi, delle manifestazioni, degli eventi, anche locali e in relazione all'uscita del bisettimanale Lotte .
In talune occasioni si può anche valutare l'opportunità di diffondere gratuitamente il giornale, come facemmo lo scorso anno alla Fiat di Melfi.
Il sito web del giornale, da poco decollato, è un altro strumento potenzialmente efficacissimo, di controinformazione, per sua natura e peculiarità di contenuti utile ad intercettare e comunicare con un target culturale e generazionale al quale non si parla che tangenzialmente.
Per quanto riguarda il lavoro redazionale, penso potremmo realizzare, da qui a dicembre, 4-5 numeri speciali, di 24 pagine (12 + 12) su temi di particolare importanza e significato (l'acqua pubblica, il G8 di Genova, lo Statuto dei lavoratori, a titolo di esempio), con un significativo sovrapprezzo, organizzando in queste occasioni una diffusione straordinaria in tutto il Paese a cura delle federazioni.
Mi fermo qui, ma altro ancora si può pensare, se ve ne è la voglia. Beninteso: non penso che nel breve assisteremo a "bibliche resurrezioni". Ritengo però che altri 500 abbonamenti e 2.000 copie del giornale in più al giorno rappresenterebbero la differenza fra esistere o desistere.
Abbiamo un tempo limitato. Cerchiamo di non perderlo.
Un'ultima questione. Ho già detto che non vedo la possibilità di un taglio ulteriore dei costi di produzione del giornale. Siamo già all'osso. Capisco la preoccupazione qui esposta dal tesoriere che ha il dovere di fare i conti (inesorabili) con i numeri e con il codice civile. E condivido la necessità di una migliore e più razionale organizzazione della distribuzione del giornale, alla quale le federazioni possono dare un contributo determinante. Se però l'intervento dovesse tradursi in un taglio drastico e uniforme della già modesta capillarità dei punti di vendita, noi sconteremo una caduta secca della vendite, destinata a vanificare i risparmi cercati e a mortificare le possibilità di ripresa. Insomma, non riusciremmo più a tenere la testa sopra i pelo dell'acqua. E avremmo un giornale per finta, che prolunga formalmente la propria esistenza in vita, ma cessa la sua missione.
In conclusione, se l'impianto proposto è condiviso e fatto proprio dal partito, propongo di renderlo immediatamente esecutivo. A tal fine, è a mio avviso necessario un passaggio molto forte anche nel Cpn. Facciamo presto perché il tempo che abbiamo è lungo un respiro.

Liberazione 23/06/2010, pag 9

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