venerdì 10 giugno 2011

Cade la pedina portoghese. Lisbona chiede aiuto all'Ue

Crisi europea La Bce aumenta i tassi di 25 punti base, all'1,25%

Matteo Alviti
E alla fine è caduta anche la terza pedina del domino. Dopo Grecia e Irlanda, le profezie che da mesi si aggiravano per l'Europa come spettri hanno trovato la loro conferma. Per evitare la bancarotta, anche il Portogallo ha chiesto formalmente di essere aiutata dal fondo salvastati dell'Unione europea.
La notizia è stata resa nota dallo stesso ministro della presidenza del governo dimissionario, il socialista Pedro Silva Pereira, dopo una riunione di gabinetto. Pereira non ha voluto definire una cifra, ma il governo finlandese ha riferito che si potrebbe trattare di una cifra compresa tra i 75 e gli 85 miliardi di euro - simile a quella assegnata all'Irlanda -, circa la metà della ricchezza prodotta dal paese nel 2010.
L'annuncio, arrivato dopo mesi di resistenza da parte del governo portoghese (come era successo per l'Irlanda), ha subito fatto crescere il valore dei titoli delle banche lusitane in borsa. Sono state probabilmente proprio le banche a dare la spallata definitiva al governo per l'accettazione dell'intervento europeo, come ha scritto il quotidiano Publico: lunedì gli istituti di credito avevano preso la decisione, senza precedenti, di minacciare il governo con uno stop all'acquisto di debito pubblico. Il che avrebbe sicuramente portato lo stato in default.
Il governo del premier José Socrates aveva provato a presentare un durissimo piano di austerità, ma il parlamento l'aveva bocciato, provocando di fatto la caduta dell'esecutivo, lo scorso 23 marzo, e l'indizione di nuove elezioni il prossimo cinque giugno. Dopo di allora era esplosa definitivamente la crisi del mercato del credito, che aveva portato alle stelle i tassi di interesse sui titoli di stato emessi e a una serie di tagli del rating da parte delle principali agenzie internazionali.
«Il programma di aiuto per il Portogallo sarà definito e approvato prima delle elezioni del cinque giugno», ha confermato una fonte interna all'Ue. Ci vorranno comunque due o tre settimane, ha dichiarato il ministro delle finanze tedesco Schäuble, aggiungendo poi che si discuterà del tema oggi, in Ungheria, nel prossimo meeting dell'eurogruppo - composto dai diciassette paesi dell'euro. La Germania, come altri paesi, era stata molto critica con il Portogallo per la resistenza mostrata da Socrates a fare ricorso ai fondi europei. «L'avrebbero dovuto chiedere molto prima», ha detto ieri anche il ministro delle finanze svedese Borg. «Abbiamo diversi motivi per criticare fortemente i portoghesi, che hanno messo sé stessi e l'Europa in una situazione molto difficile».
Qualcuno ora teme che un governo dimissionario non abbia la capacità di negoziare un prestito così importante. Ma una fonte anonima interna all'eurozona avrebbe ridimensionato il pericolo, aggiungendo che il piano sarà concordato con l'attuale opposizione socialdemocratica di centrodestra. Una grande coalizione di solidarietà nazionale che sacrificherà consensi elettorali a sinistra, a destra e all'astensionismo, per il "bene" del paese. Ma che volto avrà il "bene" del paese? La nuova versione del programma di riforme che il Portogallo dovrà concordare con l'Ue sarà in massima parte simile a quella proposta e bocciata da Socrates. Ci saranno solo alcune, modeste, modifiche.
E mentre una parte dell'Europa è ancora affondata nel fango fino alle ginocchia, un'altra parte, più "virtuosa", sembra già sulla strada dell'uscita dalla crisi. Lo fanno intendere i dati positivi che continuano ad arrivare dalla Germania, sull'occupazione, sulla fiducia delle imprese e sulla ripresa delle esportazioni. Ma lo fa soprattutto capire la decisione comunicata ieri dalla Banca centrale europea. Da Francoforte il presidente Jean-Claude Trichet ha reso noto l'innalzamento, dopo quasi due anni, del tasso di interesse di 25 punti base, da 1 all'1,25%. Una misura che peserà sulla ripresa delle economie più deboli, ha ammesso Trichet, ma che era da tempo attesa da quelle più solide.
Si teme ora che la Spagna possa essere la prossima pedina del domino. Alcuni indicatori economici, la difficoltà nel settore bancario legata allo scoppio della bolla immobiliare nazionale, e l'alta disoccupazione ne fanno una candidata credibile. Tanto credibile che ieri Madrid si è subito preoccupata di smentire le voci in tal senso. I mercati finanziari, ha detto il ministro dell'economia spagnolo Elena Salgado, sono perfettamente capaci di distinguere la situazione di Spagna e Portogallo. Ma il problema rimane la speculazione. Quanto è ancora forte rispetto agli strumenti di difesa messi in campo, con grave ritardo, dall'Unione europea? La questione rimane aperta. E la pedina dopo la Spagna si chiama Italia.


Liberazione 08/04/2011, pag 5

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