lunedì 13 giugno 2011

Usa, nuovo allarme sul debito: raggiunto tetto massimo

Casa Bianca Il segretario al Tesoro: superati i 14.292 miliardi di dollari

Matteo Alviti
Dopo mesi di allarmi lanciati senza troppa convinzione, a forza di prendere capitali in prestito il tetto è arrivato. Di nuovo. Lunedì, per la precisione, con l'ultima tranche di 72 miliardi di dollari emessi dal Tesoro statunitense in titoli di stato e banconote, il debito pubblico della prima economia mondiale ha raggiunto e superato il limite fissato per legge dal Congresso, arrivando a 14.294 miliardi di dollari.
E ora? Non c'è problema, almeno fino al due agosto prossimo, ha fatto intendere l'attuale segretario del Dipartimento del tesoro Usa Timothy Geithner. Per aggirare la situazione di crisi saranno attuati dei piccoli trucchi contabili - come sospendere gli investimenti in due grandi fondi pensione federali -, permettendo così al governo di onorare i pagamenti in scadenza fino alla fine di luglio. E poi? Beh, poi la questione si farebbe, almeno in teoria, seria.
Superare il limite per gli Stati Uniti non è cosa inusuale. Anche quando si parla di debito pubblico. A partire da poco dopo la fine della seconda presidenza Clinton, l'indebitamento è salito costantemente e il tetto imposto per legge è stato periodicamente raggiunto e superato. E, sempre periodicamente, si è costruito un nuovo piano del grattacielo composto dai debiti della prima potenza mondiale. Perché questa pantomima? Secondo diversi membri del Congresso il tetto è uno strumento per rimettere periodicamente al centro del dibattito la questione del debito. L'attenzione dei media e degli elettori aumenterebbe la pressione sui legislatori e sul presidente per rivedere l'equilibrio tra entrate e uscite.
Ma cosa succederebbe nel caso di un declassamento dei titoli di stato Usa o, peggio, di un default? Lo ha detto Obama la scorsa settimana: «Se gli investitori mettessero in dubbio la credibilità degli Usa come debitori, l'intero sistema finanziario potrebbe disfarsi». Gli investitori andrebbero cioè a cercare altri porti sicuri, deprezzando il dollaro e facendo salire i tassi di interesse, non solo per i prestiti federali, ma anche nel mercato privato. Con danni pesanti per l'economia interna e internazionale. La mancata riscossione dei crediti contratti dal governo statunitense - 800 miliardi di dollari dei quali con la Cina - sprofonderebbe l'intera economia mondiale in una recessione da era glaciale. Uno scenario tanto grave quanto irrealistico. E infatti il mercato sta reagendo con una certa calma, ma con l'avvicinarsi di agosto le cose potrebbero cambiare.
Ai legislatori statunitensi rimangono due mesi per trovare un accordo utile a alzare il tetto del debito di quanto basta per arrivare alla fine dell'anno fiscale. Attualmente il vicepresidente Joe Biden sta trattando con i rappresentanti del suo partito e con gli avversari repubblicani, in maggioranza alla camera bassa del Congresso. Ma la composizione della frattura fra le richieste dei conservatori e i piani del presidente Obama appare ancora lontana. I repubblicani non sono disposti a considerare aumenti di tasse e vorrebbero profondi tagli alle spese, comprese quelle al sistema sanitario recentemente riformato dal presidente. Mentre i democratici puntano a lasciar scadere senza proroghe le riduzioni per le tasse dei superricchi istituite da Bush, e a mettere un punto agli sconti fiscali alle multinazionali del petrolio. In questo modo, dicono, ci sarebbero maggiori entrate per 4mila miliardi di dollari nei prossimi dieci, dodici anni. Diversamente da altri governi del mondo industrializzato, colpito dalla crisi economica e finanziaria degli ultimi tre anni, l'amministrazione Obama sta tentando di limitare i tagli alla spesa pubblica, sperando che questa contribuisca a rimettere in moto l'economia. Ma l'opposizione dei repubblicani alla camera (e di qualche democratico) rende necessari pesanti compromessi.
Il tetto di bilancio per le spese pubbliche è stato istituito in un'altra era geologica del mondo contemporaneo, nel 1917, a un anno dalla fine della prima guerra mondiale. Da allora ciclicamente ci sono stati problemi e negoziati anche difficili. Ma mai come oggi, dicono i commentatori, la questione del debito pubblico era stata usata così strumentalmente.


Liberazione 18/05/2011, pag 6

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