venerdì 10 giugno 2011

La propaganda di guerra, quattro regole basilari

Ecco come i media occidentali (non) raccontano i conflitti

Michel Collon*
In quale modo i media occidentali hanno "documentato" le varie guerre che seguirono la prima guerra del Golfo? Possiamo individuare un denominatore comune? Ci sono delle regole basilari della "guerra di propaganda"? La risposta è sì.
Regola n. 1: nascondere gli interessi
La regola fondamentale della propaganda di guerra è quella di nascondere il fatto che queste guerre si combattono per motivi economici precisi, quelli delle multinazionali. Che si tratti di controllare le materie prime strategiche o le vie del petrolio e dei gas naturali, di aprire nuovi mercati o spezzare Stati troppo indipendenti, di distruggere qualsiasi paese che pratichi una via alternativa al sistema, le guerre in ultima analisi sono sempre di natura economica. Mai umanitarie. Ma tutte le volte all'opinione pubblica si dice esattamente l'opposto.
La prima guerra contro l'Iraq era stata presentata come una guerra per far rispettare il diritto internazionale. Mentre i veri obiettivi degli Stati Uniti espressi in vari documenti - peraltro neanche segreti - sono stati: abbattere un governo che invitava i paesi arabi ad unirsi per resistere a Israele e agli Stati Uniti; mantenere il controllo sul Medio Oriente; installare delle basi militari in un'Arabia Saudita riluttante. E' molto istruttivo e risibile rileggere oggi le altisonanti dichiarazioni rese dalla stampa sui nobili motivi europei della prima Guerra del Golfo.
Anche le varie guerre contro la Jugoslavia sono state presentate come guerre umanitarie. Mentre, secondo i documenti, che tutti potevano consultare, le potenze occidentali avevano deciso di uccidere un'economia troppo indipendente, attenta ai diritti sociali dei lavoratori e contraria alle multinazionali. I veri scopi erano di controllare le rotte strategiche dei Balcani (il Danubio e il progetto del gasdotto), installare basi militari (sottomettendo il forte esercito jugoslavo) e colonizzare economicamente questo paese. Attualmente molte fonti di informazione locale confermano una vergognosa colonizzazione da parte delle multinazionali (tra cui la US Steel), il saccheggio del paese, la miseria crescente sofferta dalla popolazione. Ma tutto ciò resta accuratamente nascosto all'opinione pubblica internazionale. (...)
L'invasione dell'Afghanistan è stata presentata come una lotta contro il terrorismo, poi come una lotta per l'emancipazione e la democrazia. Ancora una volta documenti statunitensi reperibili facilmente rivelano quali fossero in realtà gli obiettivi: costruire un oleodotto strategico per controllare l'approvvigionamento di tutto il sud dell'Asia, il continente cruciale per la guerra economica del 21° secolo; stabilire basi militari americane in Asia centrale; indebolire i potenziali "rivali" in questo continente - Russia, Iran e soprattutto la Cina - e impedire una loro alleanza.
Potremmo analizzare allo stesso modo le vere ragioni economiche e strategiche, accuratamente taciute, delle guerre in corso di preparazione, quelle in Colombia, Congo, Cuba, Corea... In breve, è un'interdizione fondamentale per i media mostrare che ogni guerra serve sempre interessi specifici delle multinazionali, che ogni guerra è la conseguenza di un sistema economico che richiede letteralmente alle multinazionali il dominio e la spogliazione del pianeta per impedire che altri rivali lo facciano.
Regola n. 2: demonizzare
Ogni grande guerra prende avvio da una menzogna mediatica gigantesca che serve a influenzare l'opinione pubblica in modo che si orienti dietro i suoi governanti. Nel 1965, gli Stati Uniti hanno scatenato la guerra in Vietnam inventando di sana pianta un attacco vietnamita nei confronti di due navi statunitensi (episodio "della baia del Tonchino"). Contro Granada, nell'83, inventarono una minaccia terroristica (già allora!) contro gli Stati Uniti. Il primo attacco contro l'Iraq nel 1991 venne "giustificato" da un presunto eccidio di neonati strappati dalle incubatrici nel reparto maternità di un ospedale a Kuwait City. Menzogna mediatica fabbricata dalla società di pubbliche relazioni Hill & Knowlton degli Stati Uniti. Allo stesso modo, l'intervento della Nato in Bosnia (1995) sarà "giustificato" dalle frottole sui "campi di sterminio" e i bombardamenti di civili a Sarajevo, attribuite ai serbi. Le successive indagini (tenute segrete) mostrarono come gli autori fossero in realtà gli alleati della Nato. (...) La guerra contro l'Afghanistan? Venne addirittura giustificata con gli attacchi dell'11 settembre. Su quel fatto ogni indagine seria e indipendente verrà soffocata, mentre i falchi dell'amministrazione Bush si precipitarono a far approvare piani di aggressione, preparati da lungo tempo contro l'Afghanistan, l'Iraq e altri paesi.
Ogni guerra inizia così: le immagini terribili che provano la mostruosità dell'avversario e la necessità di intervento per "giusta causa". Perché una menzogna mediatica funzioni bene, bisogna che vengano soddisfatte alcune condizioni: le immagini devono essere spaventose; l'informazione deve essere martellante per diversi giorni e successivamente richiamata di frequente: monopolizzare i media, escludendo la versione del campo altrui; omettere le critiche, almeno fino a quando sarà troppo tardi; descrivere come "complici" o "revisionisti" tutti quelli che dubitano delle menzogne dei media.
Regola n. 3: tacitare la storia!
In tutti i principali conflitti degli ultimi anni, i media occidentali hanno nascosto la situazione storica e geografica essenziale per comprendere la situazione delle regioni strategiche coinvolte.
Nel 1990, hanno presentato l'occupazione del Kuwait da parte dell'Iraq (che non si vuole qui giustificare o analizzare) come una "invasione straniera". Si è "dimenticato" di dire che il Kuwait era sempre stata una provincia dell'Iraq, separata solo nel 1916 dai colonialisti britannici con il manifesto obiettivo di indebolire l'Iraq e mantenere il controllo della regione e che il Kuwait è solo un fantoccio che consente agli Stati Uniti di confiscare i proventi del petrolio.
Nel 1991, nel caso della Jugoslavia, ci hanno presentato come nobili "vittime" democratiche due leader estremisti, razzisti e provocatori, che la Germania aveva armato prima della guerra: il croato Franjo Tudjman e il bosniaco Alia Izetbegovic. Mentre veniva nascosto il loro legame con il passato più tetro della Jugoslavia: il genocidio serbo, ebraico e rom degli anni 1941-1945. Nel 1993, ci veniva presentato l'intervento occidentale in Somalia come "umanitario" nascondendo con cura che multinazionali statunitensi avevano acquistato il sottosuolo ricco di petrolio di quel paese. E che Washington intendeva controllare questa regione strategica del "Corno d'Africa" e le rotte dell'Oceano Indiano. Nel 1994, ci hanno parlato del genocidio ruandese, tacitando la storia del colonialismo belga e francese. E' stato il colonialismo a fomentare deliberatamente il razzismo tra Hutu e Tutsi per dividere la popolazione. (...) Nel 2001, ci si scagliava contro i talebani, regime certamente difficile da difendere. Ma chi li aveva portati al potere? Chi li aveva protetti dalle critiche delle organizzazioni per i diritti umani per costruire con loro un gasdotto transcontinentale estremamente redditizio? E soprattutto, andando alla radice, chi aveva usato il terrorismo di Bin Laden per rovesciare l'unico governo progressista che aveva emancipato i contadini e le donne? Chi aveva ristabilito il peggior terrorismo fanatico in Afghanistan? Chi, se non gli Stati Uniti? Di tutto ciò, il pubblico difficilmente sarà informato. O comunque troppo tardi.
La regola è semplice. Nascondere il passato può evitare che l'opinione pubblica si formi un'idea sulla storia dei problemi locali. E consente di demonizzare a piacimento uno dei protagonisti, guarda caso, quello che tiene testa alle mire neocoloniali delle grandi potenze.
Regola n. 4: organizzare l'amnesia
Quando grandi potenze occidentali si preparano o intraprendono una guerra, non sarebbe il momento di richiamare alla memoria le più grandi menzogne mediatiche dei conflitti precedenti? Non sarebbe il momento di decifrare le informazioni fornite dagli stati maggiori interessati? Questo è mai successo in occasione delle varie guerre degli anni '90? Mai. Ogni volta, la nuova guerra è una "guerra giusta", ancor più candida delle precedenti, e non è il momento di seminare il dubbio.
I dibattiti vengono rimandati. O dimenticati. Un caso lampante: di recente, un superbugiardo è stato colto con le mani nel sacco, in flagranza di delitto di menzogna mediatica. Alastair Campbell, capo della "comunicazione" di Tony Blair, ha dovuto rassegnare le dimissioni quando la Bbc ha rivelato che aveva travisato i dati sulle presunte armi di distruzione di massa. Forse che ciò ha provocato un dibattito sulle precedenti affermazioni di Campbell? Non sarebbe stato interessante spiegare che tutte le nostre informazioni sul Kosovo erano state inventate da Campbell stesso? Non era opportuna una rivalutazione delle informazioni sulla guerra contro la Jugoslavia? Non è successo niente di tutto questo.
*giornalista e scrittore, esperto di conflitti

(da Michel Collon - www.michelcollon.info/Les-regles-de-la-propagande-de.html?lang=fr. Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare)


Liberazione 07/04/2011, pag 6

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