lunedì 13 giugno 2011

La rabbia di Islamabad: stop ai droni e inchiesta sul blitz Usa

Pakistan minacciato anche il blocco dei fornimenti Nato verso l’Afghanistan

Simonetta Cossu
Stop ai raid dei droni Usa, gli aerei senza pilota, in Pakistan contro al Qaeda e i Talebani. Lo ha chiesto il parlamento di Islamabad, che ha anche invocato una Commissione di inchiesta indipendente sul blitz dei soldati Usa in cui è stato ucciso Bin Laden. Proprio per vendicare la morte del leader, giovedì i terroristi hanno messo a segno un doppio attentato kamikaze contro un centro di polizia vicino al confine con l'Afghanistan. Il bilancio è stato di 89 vittime. E ieri, sempre nella zona nord del Pakistan, una donna ha perso la vita per l'esplosione di una mina contro un mezzo militare.
La crisi diplomatica tra Washington ed Islamabad si inasprisce sempre di più.
Quello che era nell'aria infatti è accaduto. Dopo anni di collaborazione e di complicità il Pakistan si ribella al suo padrone e le conseguenze di questa presa di posizione potrebbero provocare un vero terremoto nell'area. A conclusione di una assemblea parlamentare infuocata durata 10 ore, che ha impegnato le due camere in sessione congiunta con i vertici dell'esercito e dei servizi segreti, il Parlamento pachistano ha approvato una risoluzione che di fatto aperto la crisi nei rapporti con l'amministrazione Obama.
L'Assemblea parlamentare ha votato un documento di 12 punti in cui si chiede per prima cosa la fine degli attacchi con i droni (aerei militari senza pilota) in azione anche ieri con un attacco dal cielo di Waziristan che ha ucciso 4 uomini sospettati di militanza nelle file del terrorismo di Al Qaeda. Con questa ultima azione offensiva salgono a quattro i blitz in territorio pakistano iniziati con quello di Abbottabad. Il Parlamento di Islamabad, ha chiesto inoltre a gran voce di rivedere i termini del suo impegno con gli Usa, minacciando di non consentire più l'accesso dei suoi valichi per il transito dei convogli di rifornimenti della Nato diretti in Afghanistan, come è già successo alcuni mesi fa, ma oggi la minaccia è molto più seria.
Davanti ai legislatori di Islamabad si è presentato il Gen. Ahmed Shuja Pasha capo dei servizi segreti pachistani che ha riconosciuto i fallimenti del suo dipartimento e che nonostante abbia presentanto per ben due volte le dimissioni resta al suo posto. In base ha quanto ha raccontato a porte chiuse l'Assemblea ora vuole fare piena luce sul blitz dei Navy Seals e chiedono con l'istituzione di una commissione di inchiesta di individuare «eventuali responsabilità». Il forte imbarazzo ed il palese fallimento, considerando che nei loro cieli elicotteri militari di ultima generazione statunitensi durante il raid avevano transitato senza essere intercettati dai radar, ha portato i vertici dei servizi segreti pakistani a far saltare qualche testa.
Non ha nascosto nulla il Generale Pasha nella sua testimonianza davanti ai parlamentari. Stando a quanto scrive il New York Times, Pasha ha raccontato di come abbia avuto un scambio accesso con il capo della Cia Panetta quando si sono incontrati recentemente a Washington. La rabbia e la frustrazione è emersa quando il generale si è lamentato come negli ultimi anni gli Usa, che hanno foraggiato il comparto militare pachistano con oltre 20miliardi di dollari nell'ultimo decennio, abbiano sempre "tradito" le aspettative pachistane arrivando anche ad imporre sanzioni contro il paese come accadde negli anni 90. Prima di rispondere alle domande dei parlamentari, il generale ha anche provveduto ad una relazione fornita di fotografie di terroristi uccisi da agenti dell'Isi a dimostrazione che il Pakistan è stato in prima linea nella lotta ad Al Qaeda.
Rapporti in rottura di collisione tra i due paesi o tentativo di Islamabad di spegnere la rabbia popolare che rischia di incendiare le relazioni interne al paese? Ancora troppo presto per dirlo, sicuramente la presa di posizione di Islamabad per ora è ferma come dimostra, ed è notizia di ieri, il fermo all'aeroporto di Peshawar di un "Contractor", (mercenario) americano, Aaron Mark De Haven, che era pronto a lasciare il Pakistan nonostante fosse già stato condannato e sottoposto alla misura della libertà provvisoria perché trovato in possesso di un permesso di soggiorno scaduto. Inoltre la nuova sintonia tra il ramo politico del paese e quello militare potrebbe portare Islamabad ad avere una posizione più forte rispetto al passato. L'Isi, i servizi segreti pachistani, sono tristemente noti per aver spesso agito nell'ombra perseguendo interessi spesso non legati al Pakistan, ma la clamorosa figuraccia mondiale potrebbe determinare, almeno per un periodo, un'alleanza politico-militare che rischia di mettere in seria crisi la conduzione della guerra in Afghanistan.


Liberazione 15/05/2011, pag 6

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