mercoledì 15 giugno 2011

«Hamas riconoscerà Israele quando Israele riconoscerà la Palestina»

Mustafa Batghouti leader del movimento Iniziativa nazionale palestinese

Francesca Marretta
La prospettiva di un accordo di pace tra israeliani e palestinesi continua a restare un miraggio.
Martedì il Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto un discorso al Congresso americano, durante il quale ha parlato di una «Gerusalemme capitale dello Stato d'Israele che non può essere divisa» e di un futuro Stato palestinese smilitarizzato, incassando pieno sostegno.
Il Presidente dell'Anp Mahmoud Abbas ha commentato ieri le parole di Netanyah, dicendo che su tali basi non c'è nulla da costruire. Il dirigente di Fatah Nabil Shaath è tornato sulla questione, affermando che ormai l'unica via d'uscita per i palestinesi è «fare come fecero gli israeliani nel 1948, quando andarono alle Nazioni Unite» per farsi riconoscere come Stato.
Su questa fase storica per i palestinesi e il Medio Oriente abbiamo chiesto un commento al Dottor Mustafa Batghouti, leader del movimento politico al Mubadera (Iniziativa nazionale palestinese) e, come ci ha confermato al telefono dagli Stati Uniti, dove si trova dopo una tappa di diversi giorni in Russia, «mediatore dell'accordo di riconciliazione tra Hamas e Fatah».
Dottor Barghouti, nell'ambito di Hamas sono emersi alcuni attriti rispetto alla riconciliazione palestinese. Quanto reggerà l'accordo?
L'accordo di riconciliazione palestinese terrà, nonostante tutti i tentativi di boicottaggio israeliano che si esercita anche attraverso continue pressioni sugli Usa. Le differenze che esistono nell'ambito di Hamas di cui la stampa ha parlato non influiranno sui risultati raggiunti finora. Meshaal è più pragmatico di Zahar, ma in tutte le realtà politiche esistono posizioni anche contrastanti. Mettere in discussione accordi raggiunti è ben altra cosa.

A settembre ci sarà la dichiarazione dello Stato all'Onu?
Si, lo ha appena ribadito Abbas.

Cosa pensa di Barack Obama dopo il discorso al Dipartimento di Stato e quello all'Aipac?
Una delusione totale. E' tornato sui suoi passi dopo che aveva parlato chiaramente di rispetto dei confini del 1967. E' evidente che quando ha poi menzionato le compensazioni territoriali all'Aipac è arretrato sulle stesse posizioni di George W. Bush. Parlare di scambi territoriali in una misura che soddisfa le richieste di Netanyahu significa accettare uno Stato palestinese senza contiguità territoriale e incorporare inoltre nello Stato israeliano l'85% delle risorse idriche che sono su terra palestinese.
Obama non può non saperlo. Dicesse la verità. Ai democratici servono le donazioni della lobby pro-israeliana. Al Congresso americano Netanyahu ha incassato applausi e standing ovation. Questo dimostra che gli Usa sono totalmente schierati con Israele e non fanno i mediatori. Però si propongono di esserlo. In questi giorni vedrò esponenti del Dipartimento di Stato e gli dirò proprio questo.

Se Hamas dicesse: riconosciamo Israele, i palestinesi non toglierebbero argomenti a Netahyahu e anche agli Usa?
Se questo accadesse in cinque minuti si direbbe che non basta e arriverebbe la richiesta ad Hamas di riconoscere Israele come Stato ebraico e così via. Il gioco di Israele di prendere tempo per prorogare lo Status è noto. Ma per quale ragione noi palestinesi dobbiamo continuare ad accettare l'imposizione di condizioni, mentre Israele dice aprioristicamente tutti i suoi no e addirittura impone che lo Stato palestinese sia smilitarizzato, o che Gerusalemme non si divide. Inoltre si vuole far finta di non vedere che gli insediamenti israeliani sono illegali. Quello va bene, il fatto che Hamas non dica riconosco Israele no. Hamas riconoscerà Israele quando Israele riconoscerà lo Stato Palestinese.
Se Israele può permettersi un atteggiamento del genere su tutti questi aspetti è perchè i governi di Europa e Stati Uniti sono timorosi di pestare i piedi alle lobby pro-israeliane. Noi palestinesi continueremo la nostra lotta. Non ci resta altro da fare.

A quando il nuovo governo palestinese? Perchè non è ancora stato formato?
Forse sarà varato entro una decina di giorni. Si tratta di una situazione che richiede negoziati esaustivi Hamas e Fatah.

Cosa pensa della protesta di altre fazioni palestinesi che dicono che Hamas e Fatah monopolizzano le decisioni sul governo? Lei fa parte di questo fronte?
No. Io credo sia normale che il nodo principale del negoziato graviti attorno ad Hamas e Fatah. E' giusto così perchè sono questi i partiti che hanno più peso in Parlamento, per cui le polemiche delle fazioni minori che siedono nell'Olp ma non rappresentano più fasce popolari sono sterili. Il mio movimento Al Mubadera non siede ancora nell'Olp anche perchè c'è chi difende anacronistici particolarismi. Ma questo sarà superato. Una volta varato il governo entreremo a farne parte.

Fayyad è in lizza come Premier?
Fatah non ha spinto in questo senso e Hamas ha detto da sempre no alla sua riconferma.

Rispetto ai nuovi scenari regionali si parla di controrivoluzione prima ancora che le rivoluzioni siano arrivate a compimento. Cosa ne pensa? E come vede il ruolo che potrebbero avere in futuro forze islamiche?
Sia gli Usa che Israele sperano, nonostante le parole di Obama che plaudono al vento rivoluzionario, che i cambiamenti nella Regione siano solo superficiali. Ma non è così. A proposito di pericoli di controrivoluzione, non sono i movimenti islamici a impensierirmi. Io mi preoccupo piuttosto, nel caso dell'Egitto ad esempio, che forze esterne intervengano per riportare indietro le lancette dell'orologio e ristabilire la situazione che garantisca il mantenimento degli equilibri che garantiva Mubarak. Questo scenario non si può escludere. Detto questo sono invece fiducioso del fatto che il popolo ha trovato una voce che non potrà essere ignorata come prima.

Cosa pensa della situazione in Libia?
E' terribile. Gheddafi è un dittatore e qualunque cosa è meglio. Ma dietro l'intervento straniero si celano interessi legati al petrolio. A parte questo, nessuno capisce con esattezza chi sia al potere a Bengasi e quali garanzie democratiche presenti. La Libia non ha bisogno di governi imposti o sorretti dall'esterno. La popolazione deve votare e scegliere i propri leader.


Liberazione 26/05/2011, pag 6

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