mercoledì 15 giugno 2011

...fanteria, cavalleria, artiglieria!...

Karl Marx

«Durante le giornate di giugno (1848: il primo tentativo di autonoma rivoluzione proletaria, ndr) tutte le classi e tutti i partiti si erano coalizzati in "partito dell'ordine" contro la classe operaia che veniva considerata come il partito dell'anarchia, del Socialismo, del Comunismo. Essi avevano "salvata" la società dai "nemici della società"; essi avevano dato al loro esercito per parola d'ordine il motto della vecchia società "Proprietà, famiglia, religione, ordine" gridando alla crociata controrivoluzionaria: "Con questo segno vincerai!".
Da quel giorno, ogni volta che uno dei numerosi partiti coalizzati sotto questo segno, contro gli insorti di giugno, cerca di salvaguardare i propri interessi di classe, esso viene schiacciato sotto il grido: "Proprietà, famiglia, religione, ordine".(...) Ogni rivendicazione della riforma finanziaria borghese più elementare, del liberalismo più volgare, del repubblicanesimo più formale, della democrazia più terra terra è immediatamente punita quale "attentato contro la società", è diffamata col nome di "Socialismo". E infine i sacerdoti della religione dell'ordine sono essi pure cacciati a calci dai loro altari. (…)
Tutti costoro avevano trovato nella repubblica borghese la forma politica colla quale potevano dominare in comune, poiché questa repubblica non portava il nome né dei Borboni né degli Orléans; si chiamava semplicemente Capitale. Già l'insurrezione di giugno li aveva riuniti nel "partito dell'ordine". Si trattava adesso di allontanare la combriccola di repubblicani borghesi (…) Non debbo io qui narrare la storia ignominiosa della loro disfatta. Essa non fu una morte, fu un deperimento. (…) Luigi Bonaparte arrivava al potere con l'obbligo di uccidere un Parlamento e di allearsi coi suoi peggiori nemici, i gesuiti e i legittimisti. Finalmente egli traeva al talamo la fidanzata, ma quando essa si era già prostituita. (…) Non mancava ormai che una cosa: dare al Parlamento vacanze permanenti e sostituire al motto repubblicano - libertà, eguaglianza, fratellanza - queste parole non equivoche: fanteria, cavalleria, artiglieria! (…) Il Ministero di B. prendeva l'iniziativa delle leggi ispirato dal partito dell'ordine (…); d'altro canto cercava di acquistarsi la popolarità con proposte di una infantile stupidità. Tale fu la proposta di un suppplemento di 4 soldi alla paga giornaliera dei sottufficiali e la proposta di una Banca di prestiti d'onore per gli operai. Nessun pretendente ha mai speculato più volgarmente di B. sulla bassezza delle masse.
(…) In questi viaggi [di B.] che il grande "Moniteur Officiel" e i piccoli giornali particolari di B. dovevano celebrare come marce trionfali, il presidente era sempre accompagnato dagli affiliati della Società del 10 dicembre. Questa società datava dall'anno 1849. Col pretesto di fondare una società di beneficenza, la feccia di Parigi era stata organizzata in sezioni segrete; ogni sezione era diretta da agenti di B.; a capo supremo era un generale di B. A fianco degli scampati dalla forca in rovina, con mezzi d'esistenza equivoci e venuti non si sa da dove; a fianco di rampolli perduti e avventurieri della borghesia si trovavano vagabondi, soldati espulsi, ex-detenuti, forzati evasi, truffatori, saltimbanchi, lazzaroni, borsaioli, prestigiatori, facchini, letterati, venditori ambulanti, ruffiani, gestori di casini, cantastorie, cenciaioli, arrotini, stagnini ambulanti, accattoni; insomma la massa indecisa, errante e fluttuante che i francesi chiamano "la Bohème".
Con questa gente - con la quale aveva tanta affinità - B. formò lo stock della Società del 10 dicembre. Società di beneficenza? Sì... nel senso che tutti i suoi membri provavano come B. il bisogno di beneficare se stessi a spese della nazione che lavora. Questo B. che si fa il Capo della marmaglia; che trova qui in una forma più larga quegli stessi suoi interessi personali che persegue; che riconosce in questa feccia, avanzo e rifiuto di tutte le classi, la sola classe sulla quale può veramente contare, è il vero B., il B. senza frasi. Vecchio scampato alla galera, intende la vita storica dei popoli e i loro alti fatti di Stato come una commedia nel senso più volgare della parola, come una mascherata nella quale i costumi sfarzosi, i paroloni e i grandi gesti non servono che a nascondere le cose più miserabili e più meschine».


Liberazione 28/11/2010, inserto "Compagna Satira", pag 17

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