mercoledì 15 giugno 2011

Via libera ai controlli alle frontiere in caso di "emergenze"

Schengen La commissione Ue cambia le regole

Matteo Alviti
Il dado è tratto. O quasi. La migrazione di meno di trentamila persone dall'Africa, in fuga dalla guerra e dalla povertà, è riuscita a mettere in ginocchio i principi di libera circolazione dei cittadini dei 25 stati che hanno sottoscritto gli accordi di Schengen - 22 paesi dell'Unione, più l'Islanda, la Norvegia e la Svizzera. Ieri la commissaria agli affari interni dell'Unione europea, Cecilia Malmström, ha presentato il piano di riforma di Schengen che, con ogni probabilità, sarà approvato il prossimo 9 giugno nella riunione dei ministri degli interni dei 27 in Lussemburgo.
La proposta della commissione prevede, tra le altre cose, una cosiddetta «clausola di salvaguardia», con la quale sarà possibile reintrodurre l'uso dei visti nel caso si verifichino «improvvisi aumenti dei flussi migratori o di un rapida crescita di domande d'asilo infondate da parte di un paese terzo». Grazie alle misure previste dal pacchetto, entro poche settimane gli stati membri che hanno sottoscritto il trattato di Schengen potranno, in casi straordinari, rivedere la lista dei paesi a cui è richiesto il visto d'ingresso. Le tensioni per i migranti tunisini tra Roma e Parigi, e poi Berlino e Vienna, e Bruxelles, inteso come Belgio, hanno prodotto un movimento che si è rivelato irreversibile.
Per essere modificati, i meccanismi attuali sulla politica dei visti richiedono tempi piuttosto lunghi - anche fino a qualche anno. Per questo, «prevedere una clausola di salvaguardia aiuterà a preservare l'integrità del processo di liberalizzazione dei visti e a costruire un'immagine di credibilità di fronte all'opinione pubblica», ha detto Malmström durante la presentazione del piano. Certo, la commissaria si augura che queste clausole rimangano un'ultima ratio e che anzi «non vengano mai usate». Ma la modifica del trattato di libera circolazione è ormai irreversibile.
La nuova Schengen proposta dalla commissione è pensata, così Malmström, per andare oltre l'urgenza. Serve «sviluppare una cooperazione più strutturata con i paesi del Nordafrica». E' nell'interesse europeo e africano: «L'Ue sarà sempre più dipendente dai lavoratori immigrati. E il potenziale in tal senso offerto dai migranti nordafricani dovrebbe essere gestito al meglio per entrambi». Per questo saranno necessari accordi tagliati «su misura», cominciando da Tunisia ed Egitto, che prevedano facilitazioni per l'ingresso di studenti, ricercatori e uomini d'affari.
Il pacchetto di misure presentate avrebbe dunque lo scopo di «gestire nella maniera più opportuna i flussi migratori dalla sponda sud del Mediterraneo» e di impedire che «siano commessi abusi al regolamento attuale dei visti». La commissione affari interni ha inoltre specificato, come aveva più volte chiesto l'Italia, che rimane fondamentale «la solidarietà europea con gli stati membri più esposti alle pressioni migratorie».
Ma a preoccupare non c'è solo la questione dei migranti africani. Oltre alla nota «invasione» di migranti tunisini e libici sventolata come una minaccia - o un ricatto - dal nostro governo, recentemente la commissione europea si era anche dovuta occupare del caso del Belgio e di altri suoi vicini, dove l'anno scorso sono state presentate molte più domande di visto dai paesi balcanici rispetto gli anni precedenti. Il governo belga in particolare si era lamentato per la crescita di domande d'asilo da parte di cittadini serbi, quest'anno salita a, tenetevi forte, cinquecentoquarantaquattro. La maggior parte dei richiedenti asilo sono rom o serbi di etnia albanese provenienti dal sud del paese.
L'Unione europea aveva infatti allentato, come parte delle politiche decise per la stabilizzazione dei Balcani, le restrizioni agli spostamenti dei cittadini della ex Jugoslavia. Nel dicembre del 2009 erano state eliminate le barriere alla libera circolazione di serbi, montenegrini e macedoni, mentre solo dalla fine del 2010 gli stessi privilegi erano stati accordati anche ai bosniaci e agli albanesi.
Per diventare effettivo, il piano proposto ieri dalla commissione, che fa seguito alla comunicazione del quattro maggio scorso, dovrà essere approvato prima dai governi dei 27 nel vertice dei leader europei del 24 giugno, e poi anche dal parlamento di Bruxelles.


Liberazione 25/05/2011, pag 7

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