venerdì 10 giugno 2011

«Restiamo umani». Che non rimanga un grido inascoltato

Fabio Alberti
Faceva un lavoro semplice, Vittorio. Testimoniare la verità. Un lavoro facile: basta dire ciò che vedi. E, insieme, difficilissimo. Devi dire tutto, senza filtri, preconcetti, convenienze, calcoli politici. Lo faceva con un sentimento che sta diventando raro in politica: la passione. La passione per la giustizia. Quella passione che impedisce di girare la testa.
E Vittorio, da nonviolento, la testa non l'ha mai girata. Non quando la Nato bombardava Belgrado, non quando la "coalizione dei volenterosi" attaccava l'Iraq. Ma è in Palestina, a Gaza, che aveva dato il meglio di sè. Documentando da anni quanto avveniva. Giorno per giorno, ora per ora. Richiamando le nostre coscienze intorpidite al dramma che si stava consumando.
Un'intera popolazione prigioniera nella sua terra. Prigioniera di un'occupazione militare e di una politica di apartheid, dell'arroganza e del cinismo dei potenti del mondo, dell'ignavia di chi, per calcolo politico, tace credendo di non acconsentire.
Non sappiamo e non sapremo mai chi lo ha ucciso. Sappiamo il messaggio implicito che ne risulta: state alla larga dalla Palestina. Non importa se sia stato un gruppo palestinese o di importazione, se autonomo o ispirato da Israele, o dall'Arabia Saudita. Tutte le congetture possono essere fondate. Ciò che sappiamo è che da sempre la guerra e l'oppressione producono disumanizzazione, che la lotta per il potere in nome di Dio produce ferocia, che non c'è servizio segreto che si fermerebbe di fronte ad un assassinio.
Sappiamo quindi che per evitare l'assassinio di Vittorio serviva una soluzione politica, nella giustizia e nel riconoscimento dei diritti degli uomini e delle donne palestinesi, del conflitto, serviva libertà e democrazia a Gaza, la stessa per cui si battono le popolazioni della Tunisia e dell'Egitto. Serviva, e serve ancora. Perché la sua non è l'unica vita immolata in quella terra.
Ricordo l'ultima volta che ho letto un suo messaggio: «Gaza sotto attacco. Bombardamenti aerei e carri armati israeliani hanno invaso la Striscia. Per il momento si contano 2 feriti, fra i quali un bambino di 3 anni ferito alla testa. Stay human». Era il 19 marzo, giorno dell'attacco alla Libia. Più tardi ci informò che una folla di mille palestinesi chiedeva provocatoriamente l'istituzione della no-fly zone su Gaza. Dove erano i tornado italiani mentre i caccia israeliani bombardavano Gaza?
Stay human. Restiamo umani… Il monito con cui chiudeva molte sue corrispondenze sembra oggi, di fronte alla disumanità di chi lo ha ucciso e di chi non vuol vedere il dramma del popolo per cui è morto, un grido disperato. Sta a noi fare che non sia un grido nel deserto.


Liberazione 16/04/2011, pag 1

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