venerdì 10 giugno 2011

«Gli islamici peggio dell'esercito contro i kurdi uccisioni e arresti»

Mehmet Yuksel presidente dell'Ufficio di Informazione del Kurdistan

Vittorio Bonanni
Mehmet Yuksel è il presidente dell'Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia (www.uikionlus.com), una onlus da anni attiva nel nostro paese con il fine di sensibilizzare le istituzioni italiane e l'opinione pubblica sulla drammatica condizione che vive la popolazione kurda in Turchia. Chi scrive ha seguito per molto tempo, in particolare durante gli anni '90, le vicende kurde e ha fatto anche visita a quei territori tormentati, dove la democrazia non è certo di casa e il terrore è il pane quotidiano. Purtroppo successivamente ho perso di vista questa tematica e me ne rammarico. Ma, soprattutto dopo la triste vicenda Ocalan, che vide coinvolta sia pure con ruoli diversi tutta la sinistra italiana, la storia dei kurdi turchi è entrata un po' nel dimenticatoio anche dentro quegli ambienti che pure una volta se ne occupavano quotidianamente, schiacciata come fu quella vicenda anche dagli avvenimenti iracheni dove i kurdi di quei luoghi hanno avuto un ruolo ben diverso nel contesto della guerra preventiva. Mi sono detto che era giunto il momento di tornare a fare visita ai miei vecchi amici, a Mehmet appunto, ad Hevi Ilara e a tanti altri giunti nel frattempo in Italia in questi anni. «Dopo l'arresto del presidente Ocalan avvenuto nel 1997 - racconta il presidente dell'Uiki - è iniziata una fase nuova per il nostro movimento. Proprio il leader kurdo dal carcere decise di prolungare il cessate il fuoco. Questo processo è andato avanti fino al 2001 con un dialogo avviato con l'esercito turco per arrivare ad una soluzione del problema. Purtoppo con la guerra irachena alle porte le forze armate turche hanno cambiato strategia e hanno cercato anche di guadagnare tempo. E il conflitto è così tornato a galla».

E sono arrivati gli islamici al potere....
Da otto anni governano e ormai possiamo dire che hanno il dominio su tutte le istituzioni turche. Ma non hanno un interesse politico che li spinga ad affrontare il nodo kurdo. Sono troppo presi dalla questione religiosa. In un primo momento l'Akp (Partito per la giustizia e lo sviluppo) al governo dal 2002, che esprime dal 2003 il primo ministro Recep Tayyip Erdogan, aveva provato ad affrontare il problema in maniera pacifica e sono stati fatti anche dei passi in avanti anche se del tutto insufficienti per arrivare alla pace. Nello stesso tempo il movimento kurdo è riuscito a svilupparsi politicamente sul territorio. Nelle elezioni del 2003 gli enti locali governati da forze kurde sono passati da 36 a 57. Successivamente nel 2009 i comuni governati da noi sono diventati un centinaio.

Stiamo parlando del partito kurdo, erede del Dep di Leyla Zana?
Sì, è un partito che ha cambiato tre volte il nome perché è stato messo continuamente fuori legge. Attualmente si chiama Bdp (Partito della democrazia e della pace). Sia l'ottimo risultato conseguito nelle elezioni del 2009; sia l'obiettivo raggiunto due anni prima di mandare in parlamento un gruppo di 22 deputati superando lo sbarramento del 10% con persone candidate a titolo individuale ci hanno aiutato nella nostra battaglia che si è però scontrata con la mancanza di volontà da parte del governo di arrivare ad una pace. Anzi, il successo elettorale del 2009 ha spaventato sia Erdogan che l'esercito. E infatti subito dopo sono iniziati gli arresti. Attualmente ci sono in carcere più di duemila persone tra dirigenti politici e rappresentanti della società civile kurda. E la repressione continua.

Mi sembra di assistere agli stessi scenari degli anni '90. Insomma non è cambiato niente malgrado il Paese sia governato da un'altra classe politica...
L'unica cosa che è cambiata è che ora possiamo chiamarci kurdi senza però avere i diritti fondamentali che continuano ad essere negati. La filosofia dello Stato turco e del governo è quella di concedere i diritti individuali che però non puoi usare collettivamente. Insomma puoi parlare kurdo ma non puoi impararlo, studiarlo e via dicendo. Hanno anche aperto un canale televisivo kurdo statale che però non corrisponde alle nostre esigenze che soddisfiamo invece con decine di canali televisivi nostri aperti all'estero.

Ma c'è in corso una qualche trattativa, sia pure non ufficiale?
Dall'anno scorso ci sono incontri con Ocalan in carcere. Si tratta di una situazione prenegoziale. Certamente se Ocalan fosse rimasto in Italia queste trattative sarebbero cominciate molto prima perché già allora c'era da parte del movimento kurdo l'intenzione di affrontare la questione politicamente e pacificamente. Ma il mancato sostegno internazionale a questo percorso ha rinviato il tutto di oltre dieci anni. E anche se ci sono questi incontri il governo religioso che si definisce moderato e liberale in realtà ha più interesse ad avere maggior potere nel Paese che affrontare la questione kurda.

In che termini è cambiato in Turchia l'assetto dei vari poteri da quando ci sono gli islamici? E in che misura questo si ripercuote sui vostri problemi?
L'esercito, che era forte fino ad un anno fa, ora non ha più il potere di una volta. Perché questo governo ha cambiato completamente le carte in tavola: la cosiddetta lotta al terrorismo, che in realtà sarebbe una lotta contro i kurdi, prima condotta dall'esercito al quale spettava la fetta più grande del budget nazionale, ora è compito della polizia. Oggi in Kurdistan ci sono circa 50mila poliziotti del corpo speciale antiterrorismo, sotto il controllo del governo e delle sette religiose. Inoltre vogliono organizzare una polizia di frontiera con un organico di 150mila poliziotti, in funzione anche antikurda. Quello che rischiamo è un governo religioso molto più aggressivo, che non sappiamo ancora dove vuole arrivare. In più, essendo la maggior parte dei kurdi religiosi, un mese fa il Mgk (Consiglio sicurezza nazionale) ha deciso di mandare 15mila imam in Kurdistan a gestire la situazione. Così il movimento kurdo ha deciso di boicottare le moschee pregando fuori di esse proprio perché lo Stato deve rimanere al di fuori delle questioni religiose. E' iniziata dunque un movimento di disobbedienza civile, con le persone che ogni venerdì pregano per le strade. I rischi di uno scontro sono però concreti. Dentro il Mgk ci sono dei militari che hanno già detto che vogliono ostacolare questa forma di lotta e hanno già arrestato qualche imam kurdo.
la versione integrale dell'intervista su www.liberazione.it


Liberazione 08/05/2011, pag 7

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