lunedì 13 giugno 2011

Dalle torri saracene ai radar a "onde penetranti"

La Nato rafforza il fianco sud con tecnologia israeliana

Vincenzo Pillai*
I miei avi (dai costruttori di nuraghi ai shardana esperti navigatori, fino ai meticci figli di decine di invasioni) hanno costruito lungo la costa sarda centinaia di torri di avvistamento che per comodità chiamiamo, oggi, saracene perché particolarmente utili all'epoca in cui erano i saraceni a fare scorribande per tutto il Mediterraneo. Così abbiamo difeso la nostra terra non da chi cercava pace e lavoro ma da chi voleva portarci via tutto e la vita; ma non siamo riusciti, però, a trasformarne il popolo in una nazione consapevole e scorribande più subdole ci hanno trasformato in una colonia.
Oggi il grande salto nell'era tecnologica: grazie a mamma Nato e a un presidente megagalattico che, per difenderci dagli sbarchi di chi è persino più affamato di noi, ha ben pensato di ricorrere alla tecnologia israeliana e piazzare radar lungo la costa occidentale della Sardegna, con un raggio di azione di cinquanta chilometri.
Altro che segnalazioni a vista con fuochi accesi sulle torri saracene, qui avremo gli EL/M2226 ACSR con onde penetranti da far individuare se in una barca ci sono clandestini o rispettabili signori e anche quanti soldi hanno in tasca; noi, che non siamo per niente convinti che gli ultimi della terra debbano essere cacciati, pensiamo anche che quei radar facciano in effetti parte del rafforzamento militare del fronte sud della Nato.
Una volta c'era la cortina di ferro a ovest; ora, per difendere uno scassato fortino imperialista la cortina, elettronica, va posta a sud, non tanto a protezione da terribili tiranni arabi, coi quali i governi sono sempre arrivati ad un accordo, ma per difendere il fortino dagli affamati di pane e giustizia che con la sua politica ha generato.
Intanto i Comitati Sardegba No Radar, hanno cominciato con l'occupare i siti scelti per i radar e a costruire le necessarie alleanze: particolarmente significativo è il comportamento di alcune piccole imprese locali che non hanno accettato l'offerta di spianare il terreno e formare la piattaforma in cemento armato su cui dovranno essere montate le strutture alte 15 metri. Inoltre già due sindaci dei comuni interessati non hanno dato l'Ok all'insediamento. Ora occorre potenziare la rete di collegamento fra i siti occupati e fra quelle istituzioni locali che metteranno all'ordine del giorno il problema, così da rendere più agevole la resistenza delle imprese edili a non impegnarsi neppure di fronte ad una probabile crescita di offerte e pressioni.
Nell'assemblea tenutasi ieri per fare il punto sul coordinamento e su come comportarsi, in caso di aggressione delle forze del disordine, è emersa la consapevolezza che il punto di forza fondamentale è creare una maggiore partecipazione della popolazione, con la presenza di famiglie al completo, e turnazioni bene organizzate per avere efficacia e resistenza di lungo periodo.
A loro volta i comitati ambientalisti di tutta la Sardegna, gli indipendentisti, il Prc e le organizzazioni a sinistra del Pd stanno definendo modi e tempi per rafforzare la lotta degli occupanti. La vittoria del Sì nel referendum, la sospensione delle esercitazioni militari a Quirra (per quanto temporanea) dà forza, anche se siamo tutti consapevoli di dover combattere contro un drago a stelle e strisce.
*comitati in lotta Sardegna No Radar


Liberazione 21/05/2011, pag 7

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