venerdì 10 giugno 2011

Le ombre di Wojtyla. Il Papa globale che faceva politica

L’anticipazione un libro sul pontefice polacco

Giacomo Galeazzi, Ferruccio Pinotti
È il 14 gennaio 2011. Il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, dirama la notizia. L'invocazione della folla che il giorno dei funerali in piazza San Pietro gridava «santo subito» è stata ascoltata: il primo maggio 2011 Giovanni Paolo II sarà beatificato. Sono passati appena sei anni dalla sua morte. Benedetto XVI, suo successore al soglio di Pietro, non ha perso tempo. [...] Il consenso è stato ampio ma non sono certo mancate le polemiche, sorte anche tra le mura della curia romana. Molte, infatti, sono state le voci critiche interne al Vaticano. In particolare colpiscono gli interventi di alcuni uomini chiave dello stesso pontificato di Wojtyla [...]. Fin dall'inizio i dubbi sollevati sulla beatificazione non hanno riguardato solo questioni procedurali. Il teologo e padre conciliare Giovanni Franzoni ha affrontato in modo sistematico i punti ritenuti «dubbi» del pontificato di Wojtyla, alcuni dei quali si sovrappongono alle obiezioni sollevate da altre figure eminenti, come quella dell'ex arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini. Quest'ultimo aveva evidenziato come l'eccessiva esposizione mediatica di Wojtyla, e in particolare i suoi numerosi viaggi internazionali, avessero «mortificato le Chiese locali» [...]. In primo luogo - osserva Franzoni - la dura repressione esercitata su teologi e religiosi attraverso gli interventi della Congregazione per la dottrina della fede diretta dal suo attuale successore, l'allora cardinale Joseph Ratzinger. [...] I religiosi non «in linea» sono stati richiamati all'ordine o allontanati [...] Il caso di Óscar Arnulfo Romero, vescovo di San Salvador, è sicuramente la punta dell'iceberg di una politica vaticana molto dura nei confronti di teologi e religiosi fortemente impegnati in cause sociali, specie in Sudamerica. Romero, che beato non lo è ancora diventato a causa del pollice verso di parecchi cardinali, continua a essere inviso alle alte gerarchie vaticane pure da morto. [...] Il 24 marzo 1980 le minacce che da anni piombano addosso a monsignor Óscar Romero divengono realtà. L'arcivescovo è colpito da un cecchino proprio mentre celebra la messa, insieme al suo popolo e davanti a Dio. Muore solo, abbandonato dal Vaticano fra le mura stesse di quella chiesa che aveva eletto ad avamposto del cambiamento per il suo paese, El Salvador. Il monito lanciato appena un anno prima da papa Wojtyla, del resto, era stato perentorio: «Guai ai sacerdoti che fanno politica nella Chiesa!». Non c'era bisogno di fare nomi. Chi doveva capire aveva già capito [...]. Romero non è un'eccezione. In oltre venticinque anni di pontificato Giovanni Paolo II ha mostrato ostilità nei confronti di numerosi religiosi, preti, vescovi che, ispirandosi principalmente alla «Teologia della liberazione», vedevano nella fede cristiana una via d'uscita dall'oppressione [...]. Nessun vescovo dell'America Latina apertamente schierato con la Teologia della liberazione è stato eletto cardinale da Wojtyla. Non solo: il papa ha portato nella curia romana prelati latinoamericani accaniti avversari della Teologia della liberazione e, spesso, pure non troppo coperti amici di dittatori [...]. Eppure di politica Giovanni Paolo II ne ha fatta. Ha contribuito a finanziare un sindacato polacco, Solidarnosc, nato nel settembre 1980 in seguito agli scioperi nei cantieri navali di Danzica e diretto da Lech Walesa. Solidarnosc si imporrà negli anni come il movimento di matrice cattolica e anticomunista fortemente avverso al governo centrale polacco. La battaglia contro il regime comunista era perfettamente in sintonia con la tenace campagna di Wojtyla in difesa del cristianesimo. Una battaglia per la quale ogni mezzo è lecito, anche il più spregiudicato. La vicenda Solidarnosc apre un'altra zona d'ombra del pontificato. Chi finanziava il movimento? Tra i principali sponsor c'era lo Ior, la banca vaticana diretta all'epoca da un vescovo americano spregiudicato: Paul Casimir Marcinkus. Incrociare Marcinkus è come avviare un film che racconta un pezzo importante di storia criminale d'Italia. Con tutti i suoi protagonisti. Sindona, Calvi, Licio Gelli e la P2, Umberto Ortolani, la mafia e Pippo Calò, Flavio Carboni, cardinali senza scrupoli, esponenti di spicco dell'Opus Dei e lotte di potere interne al Vaticano. Sul pontificato di Giovanni Paolo II incombe un'ombra nera. I giudici italiani che si occupavano del processo per il crac del Banco ambrosiano di Roberto Calvi, trovato morto a Londra sotto il ponte dei Frati neri il 18 giugno 1982, erano giunti alla conclusione che monsignor Marcinkus come presidente dello Ior aveva gravissime responsabilità nella vicenda [...] La domanda che resta non è tanto quella relativa alle responsabilità giudiziarie. Piuttosto è un'altra: Giovanni Paolo II favorì l'accertamento della verità sul caso Ior? Secondo Franzoni, «la risposta è negativa».

Stralci da "Wojtyla segreto" di Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti, in uscita oggi per Chiarelettere (pp. 352, euro 16)


Liberazione 28/04/2011, pag 5

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