lunedì 13 giugno 2011

Droni killer, da Bush a Obama la passione della Casa Bianca

Pakistan aumentati i finanziamenti per la guerra segreta. E tornano gli attacchi preventivi

Maria R. Calderoni
«Almeno 11 persone sono state uccise in un raid scatenato da un drone statunitense nel Waziristan del Nord. Si tratta del decimo attacco effettuato dagli inizi del mese», 14 novembre 2010. «Un drone ha colpito questa mattina un automezzo che si trovava nei pressi della città di Mir Ali, a 25 chilometri dal capoluogo, causando la morte di sei persone», 15 settembre 2010. «Cinque miliziani islamici sono stati uccisi questa mattina nella zona del Waziristan pakistano in seguito all'attacco di un drone americano. E' il terzo messo a segno nell'area nelle ultime 24 ore», 27 dicembre 2010. «Un drone americano ha compiuto un attacco nella parte nord-occidentale del Pakistan, uccidendo almeno 5 persone. L'obiettivo era un'abitazione utilizzata da militanti. Quello di ieri è il decimo attacco aereo Usa dall'inizio dell'anno. Nel corso del 2010, più di 100 attacchi hanno ucciso oltre 670 persone», 21 febbraio 2011.
Sono alcuni dei flashes che, nel silenzio pressoché totale di media e mondo politico, Peace Reporter va pubblicando con cadenza regolare, diremmo ordinaria. Droni Usa in picchiata sul Pakistan, senza pilota ma con missili o bombe, a seconda: non sono affatto una novità (uno è avvenuto proprio tre giorni fa, nel solito Waziristan). In questo senso, non è una "novità" nemmeno l'assalto contro Bin Laden, solo uno dei tanti e particolarmente ben riuscito.
Una guerra silente, segreta, e anche sporca, è in atto da anni: qualche osservatore la chiama "la guerra di Obama", ma il mondo finge di non accorgersene. Eppure i dati ci sono, alla portata.
Un resoconto semplice e brutale è quello che fornisce - confermando totalmente quello di Peace Reporter - The Long War journal, un sito di informazione militare considerato una tra le fonti più attendibili nel ramo: un lungo elenco di attacchi "coperti" scagliati in territorio altrui - nel caso il Pakistan - con una precisa strategia. E anche una pianificata escalation.
Dal primo raid del 2005 si passa infatti ai 3 del 2006 e ai 5 del 2007; diventano 35 nel 2008, ancora in era Bush. Con l'arrivo di Obama, la guerra "coperta" non finisce, anzi trova nuovo impulso. Sono sempre dati della fonte citata. Nel 2009, primo anno della presidenza Obama, i raid armati diventano 53; 118 nel 2010 e 22 in questi ultimi mesi. Con oltre 2000 vittime che peraltro non hanno volto né nome e di cui tanto meno nessuno sembra farsi carico. Un raid ininterrotto lungo 10 anni per arrivare ad Osama. E destinato con ogni probabilità a continuare, nonostante l'avvento di un Premio Nobel per la pace alla Casa Bianca.
Tra guerre segrete e operazioni speciali, l'ex "soldato riluttante" Barack pare infatti destreggiarsi piuttosto bene. Lo scrive il Washington Post: il governo Obama ha incrementato, in termini di uomini e finanziamenti, la guerra segreta - detta anche irregolare - che va sotto il nome di lotta al terrorismo internazionale, Al Qaeda e quant'altro. Con tanto di piani per "attacchi preventivi" o "anticipati" - sempre secondo il Washington Post - non solo in Pakistan ma in numerosi altri posti del mondo. Ad libitum, operazioni di intelligence, azioni clandestine, missioni di addestramento, assassinii selettivi.
All'uopo, Obama ha chiesto, proprio per il 2011, un sostanzioso aumento, 5,7% in più, dei fondi sotto la voce operazioni speciali; un totale che si aggira oggi intorno ai 10 miliardi di dollari. Chi controlla l'Afghanistan punta il fucile al ventre della Russia e alla testa dell'India, è stato detto; e ciò spiega parecchio della "passione" statunitense per questa area molto calda e molto utile. Tanto che Afghanistan e Pakistan sono ormai considerati tutt'uno nella strategia Usa, anche in epoca Obama; strategia formulata, del resto, proprio da lui poco dopo la sua elezione, il 27 marzo 2009. Quella strategia che inventò il piano noto con la sigla AfPack, Afghanistan-Pakistan: un affaire yankee. Oltre i raid selvaggi, beninteso, piovono dollari. Rientra perfettamente, infatti, nella dottrina Obama quel malloppo da 7,5 miliardi di dollari da elargire al prezioso alleato di Islamadab in soli quattro anni.
Suonano perciò stonate e niente affatto credibili la sorpresa e addirittura l'«irritazione» del governo pakistano per l'assalto «senza preavviso» scagliato dagli Usa, in violazione di tutto, per uccidere Bin Laden. «Senza preavviso» appunto, come al solito. Come sempre. Al ritmo di quasi un raid ogni due giorni, da veri padroni del campo, mai saputo niente? Strano.
Il nemico del mio nemico si intitola il libro (uscito in Italia nel 2005, Saggiatore), che George Crile, scrittore e giornalista americano, ha scritto sulla guerra antisovietica scatenata in Afghanistan nel 1979. Un piano AfPak, anche quello; la più grande - e riuscita - operazione segreta della storia (in codice Cia "operazione Cyclone", guidata dal famigerato Charlie Wilson), nella quale Washington investì la cifra stratosferica di un miliardo di dollari l'anno. Quella operazione - il libro la descrive assai bene - che vide il Pakistan nelle vesti del volenteroso - e naturalmente segreto - alleato degli americani. Il Pakistan profusamente pagato per far da canale (segreto segreto!) per il passaggio del fiume di armi e denaro ai mujaheddin in lotta contro Mosca, Bin Laden in testa, per l'occasione trasformati, da fanatici talebani quali erano, in luminosi "combattenti della libertà". I sovietici lasciarono sul terreno 15 mila soldati e dovettero andarsene; fu il loro Vietnam, venne detto.
Pakistan. Una popolazione di 180 milioni vessata da miseria, corruzione, golpi militari; e un esercito di quasi 1 milione fortissimamente equipaggiato con armi, addestramenti e sovvenzioni di marca statunitense. Così come di marca statunitense sono i miliardi «per lo sviluppo»; e pure l'avallo per la proibita bomba nucleare, di cui l'"alleato" Pakistan, come si sa, graziosamente dispone.
Un Paese a pericolosa sovranità limitata. E quella sigla, AfPak, che è sempre la stessa.


Liberazione 11/05/2011, pag 2

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